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- L'Omeopatia tra Scienza e illusione -
Storia e basi concettuali dell’Omeopatia Ufficialmente nacque in Germania a cavallo tra il XVIII e il IX secolo d.C. per opera del medico Samuel Hahnemann. Egli abbandonò le pratiche della medicina ufficiale per dedicarsi a nuove tecniche curative, sperimentando l’antico principio del “Simile cura il simile” (Similia similibus curantur), detta anche “Legge dei simili”. Con ciò si suppone di curare il paziente somministrandogli le stesse sostanze causa della sua malattia o disturbo. Per verificare sperimentalmente questo principio, somministrò sostanze patogene in individui sani (tecnica utilizzata ancora oggi nella ricerca omeopatica), osservando la conseguente comparsa delle patologie corrispondenti, adducendo quest’effetto come prova di validità. Il primo tentativo lo fece iniettandosi piccole quantità di chinino, seguì una febbre di natura “malarica”, sintomo tipico della malattia curata abitualmente dal chinino stesso. Basandosi sui risultati ottenuti Hahnemann credette di aver dimostrato l’efficacia della sua tecnica. In realtà, l’unico vero vantaggio apportato dalla sua idea fu opporsi alle tecniche disumane e primitive allora ancora largamente utilizzate nell’ambiente medico ufficiale. Basti pensare al diffusissimo salasso (operato con ferite corporee o impiegando sanguisughe o ancora stimolando l’espulsione di liquidi fisiologici con purghe), alle abluzioni, clisteri e altro ancora. Per rendersi conto del contesto medico dell’epoca si può aggiungere che la prima vaccinazione era avvenuta pochi anni prima e Pasteur avrebbe effettuato i propri esperimenti rivoluzionari solo qualche decennio dopo.
Vediamo ora di capire come l’Omeopatia consideri ogni essere umano, aspetto fondamentale di questa presunta medicina alternativa. L’uomo è considerato un sistema biologico in equilibrio energetico, equilibrio mantenuto tale se l’energia prodotta è uguale a quella dissipata. Un ostacolo alla dissipazione costituisce la premessa di una malattia, costringendo l’organismo a cercare canali di sfogo energetico secondari. Da questo, si sostiene che l’utilizzo di una medicina convenzionale non solo blocca la malattia ma anche la possibilità di dissipare l’energia in eccesso. È facilmente intuibile come la malattia sia considerata un mezzo, scelto dall’organismo, per ristabilire l’equilibrio originario e anche la manifestazione esteriore di una disarmonia della cosiddetta Energia vitale. Si considera, quindi, l’uomo come sistema biologico inscindibile e di conseguenza è “curato” nel suo complesso. Più precisamente, all’insorgere di una certa malattia, o malanno, il medico omeopata consiglia un “rimedio” adatto al paziente, per far sì che si ristabilisca in lui l’equilibrio energetico. Si nota una profonda differenza con la medicina allopatica (ufficiale) con la quale si cura la malattia specifica e non il paziente. L’atteggiamento assunto dalla medicina omeopatica fa sì che si crei un rapporto medico-paziente efficace, grazie al quale è preso in considerazione anche lo stato psicologico del malato, evidenziando l’unico vantaggio veramente dimostrato dell’Omeopatia. In breve si può riassumere che l’Omeopatia cura il malato e non la malattia. Un ulteriore fenomeno supposto dalla medicina omeopatica è la legge secondo la quale avviene la guarigione di un malato. Secondo tale legge i sintomi spariranno dall’alto verso il basso (cioè sparirà prima uno stato d’ansia che una gastrite), dall’interno verso l’esterno (al miglioramento di un asma farà seguito il peggioramento di un eventuale eczema cutaneo, il quale migliorerà poi in un secondo momento; effetto legato all’espulsione “centrifuga” della malattia e non alla sua soppressione) e infine i sintomi spariranno dai più recenti a quelli più remoti. Un ultimo aspetto da considerare è il seguente: durante il primo periodo successivo all’assunzione di un rimedio omeopatico avverrà un aggravamento del disturbo, in seguito la guarigione. Tale aspetto è uno dei possibili punti di debolezza di questa “medicina”. Infatti, anche un disturbo non curato si evolverebbe naturalmente (se non è eccessivamente grave) allo stesso modo, raggiungendo cioè un apice di intensità e quindi decrescendo fino alla guarigione definitiva. Vedremo più avanti che sono molteplici gli aspetti dell’Omeopatia che si adattano ad un attacco da parte della scienza ufficiale.
Preparazione dei rimedi omeopatici Le sostanze che danno origine ai rimedi omeopatici sono di varia natura: animale, vegetale, minerale e persino chimica. - Origine animale: animali interi (ape, formica, ecc.), organi di animali, tessuti animali, veleno, secrezioni, escrezioni, batteri (ad esempio l’Escherichia Coli, lo Stafilococcinum, lo Streptococcus fecalis, il Mycobacterium tubercolosis) e altro ancora; - Origine vegetale: un elevatissimo numero di piante o erbe; - Origine minerale: rocce ricche di uranio, argento, manganese, rocce affette da malattia della pietra, lava non cristallizzata, solfuro naturale di arsenico, eccetera; - Origine chimica: vitamine, ormoni, antibiotici, petrolio, eccetera. Si può facilmente notare che l’Omeopatia non sfrutta solo le erbe come in genere si crede, confondendosi con la Fitoterapia o persino l’Erboristeria, ma utilizza una molteplice varietà di sostanze. Per preparare i rimedi omeopatici si diluiscono più volte in acqua e/o alcol etilico le sostanze attive, fino ad ottenere un numero di molecole nullo o in ogni caso inferiore all’unità. Questo significa che i rimedi omeopatici non presentano traccia della sostanza originaria (nella quasi totalità dei casi) indipendentemente da quale essa sia. Si deve inoltre tenere conto del fatto che, secondo i principi omeopatici, all’aumentare della diluizione aumenta anche l’efficacia del rimedio. I sostenitori dell’Omeopatia credono, inoltre, che l’acqua conservi “memoria” delle sostanze in essa precedentemente presenti, ed è proprio grazie a quest’effetto che, nonostante le forti diluizioni e il venir meno della sostanza attiva, i rimedi avrebbero comunque una certa efficacia. Dopo la diluizione si effettua la cosiddetta dinamizzazione, procedimento consistente nell’agitare il prodotto un numero di volte ben definito, e alla quale è attribuita dagli omeopati la capacità di sprigionare la “qualità” e la “potenzialità energetica” di una sostanza medicamentosa. Gli omeopati sostengono che la diluizione seguita da dinamizzazione (chiamata potenziazione) rafforzi ulteriormente l’efficacia dei rimedi. Vediamo un semplice esempio per capire in cosa consiste la preparazione di tali rimedi. Considerando la cosiddetta diluizione centesimale, la più diffusa, e pensiamo di avere a disposizione una ben definita quantità di sostanza attiva originaria. Essa sarà diluita in una quantità di acqua e alcol pari a novantanove volte la quantità di sostanza e quindi dinamizzata (cioè agitata con forza), ottenendo perciò una miscela di sostanza attiva, acqua e alcol. Si preleva poi da questa miscela una quantità pari a uno, si diluisce a sua volta in altre novantanove di acqua e alcol ottenendo la seconda diluizione centesimale, e così via se si vogliono effettuare diluizioni superiori.. Anche intuitivamente si può immaginare come il numero di molecole della sostanza attiva diminuisca molto velocemente ad ogni passaggio di diluizione (infatti, dalla tredicesima diluizione centesimale in poi non sono più presenti molecole della sostanza attiva iniziale, ma rimane solo acqua distillata), e altrettanto intuitivamente non si capisce quale sia l’efficacia della dinamizzazione. Analogamente sono preparati i rimedi omeopatici in compresse o simili. Per citare un esempio efficace fatto da Luigi Garlaschelli, una diluizione 30CH (cioè dove le diluizioni centesimali sopra citate sono fatte una dopo l’altra per trenta volte) di un grammo di sostanza iniziale equivale ad una sua diluizione in un volume di liquido pari a 714 milioni di miliardi di volte il volume del Sole; ognuno tragga quindi le considerazioni che preferisce. Per ultimo, è importante sottolineare che le confezioni dei rimedi omeopatici (non vengono in genere chiamati medicinali) riportano solo la data di scadenza, il lotto di fabbricazione, le sostanze originarie (chiamate tinture madri) e le relative diluizioni. Non sono invece indicate la posologia, le indicazioni e le eventuali controindicazioni. Questo perché, come già scritto in precedenza, i rimedi omeopatici non sono legati ad una specifica malattia ma le indicazioni sono variabili in base al “tipo” di paziente. Tale modalità di vendita dei rimedi (senza un’adeguata dichiarazione delle indicazioni e controindicazioni) ci sembra, indipendentemente dalla loro efficacia effettiva, una situazione quantomeno scorretta. Per spiegare meglio come gli omeopati giustifichino la mancanza di un foglietto illustrativo che mostri le varie avvertenze, riportiamo testualmente un paragrafo tratto dal sito Internet della Scuola di Medicina Omeopatica di Verona in risposta alla domanda “La quantità di granuli o di gocce influenza l’efficacia della terapia?”: “In Omeopatia, prendere 3 granuli di un certo farmaco ha la stessa azione che prenderne 30 oppure 300; l’azione del farmaco dipende solamente dal tipo di farmaco e dalla sua diluizione, non dalla quantità di farmaco prescritta. È meglio quindi usare pochi granuli o poche gocce del farmaco, in modo che se ne dobbiamo ancora usarlo, l’abbiamo già in casa. Anche le dimensioni dei granuli non hanno importanza. Infatti, l’Omeopatia funziona sulla base dell’informazione specifica che diamo all’organismo, (quindi tipo e diluizione) e non sulla base della quantità di informazione: facendo un paragone, se per accendere una macchina devo spingere un interruttore, l’importante è che spinga quello giusto, non la forza con cui spingo. Per le stesse ragioni, se mi sbaglio ed invece di prendere alcuni granuli prendo tutto il tubo, non c’è nessun pericolo di sovradosaggio.” Se ne evince che la scelta della posologia è a stretta discrezione del paziente, il quale deve fare solo i conti col proprio portafoglio. Per sincerità, è indubbio che prendere una goccia di rimedio omeopatico, da altri chiamato semplicemente acqua, o 30 o 300 non cambia nulla. Sarebbe come bere mezzo bicchiere di acqua naturale o uno intero o due, basta averne la voglia ed effettivamente non si hanno effetti collaterali (a meno che l’acqua non sia fredda, nda). Ciò che preoccupa, però, è che questo atteggiamento di scarsa regolamentazione sia eccessivamente diffuso in medicina omeopatica. Non esistono controlli rigidi durante la preparazione dei rimedi (come invece avviene, per fortuna, riguardo ai medicinali ufficiali), con ovvie conseguenze in un ambito troppo legato alla vita delle persone.
Efficacia pratica e sperimentazione Il primo dato fondamentale da notare è la forte difficoltà che si incontra nella ricerca di dati sperimentali sull’Omeopatia. Superato parzialmente questo primo ostacolo, si nota come nella banca dati più diffusa al mondo, Internet, ci sia un’esagerata preponderanza di pagine web sostenitrici dell’Omeopatia e simili (fiori di Bach, Iridologia, Pranoterapia, Cristalloterapia, Piramidologia, Riflessologia, Cromoterapia, Magnetoterapia, Aromaterapia e tante altre tecniche legate più o meno alla New Age) rispetto a pagine web che invece critichino apertamente tale “medicina”. A priori, quest’aspetto potrebbe indurci a pensare che tale situazione sia legata semplicemente ad un’effettiva validità dell’Omeopatia, ma se si analizzano più attentamente i diversi siti Internet “omeopatici” si nota la diffusa mancanza di dati chimici e medici che avvalorino le tesi sostenute. Si fa quasi sempre, in poche parole, un atto di fede. Evidenziata tale situazione, passiamo alla presentazione dei dati che nonostante tutto si riescono ad ottenere. Per seguire una linea il più possibile rigorosa, è bene aggiungere che alcuni risultati sperimentali avvalorano le tesi degli omeopati, essi sono però in numero limitato e soprattutto sono stati ottenuti seguendo protocolli di sperimentazione inusuali in campo medico, lontani dalla comune e sensata ricerca ufficiale (si pensi che la sperimentazione “omeopatica” si effettua solo su individui sani, al contrario di ciò che si fa con la sperimentazione clinica mondiale). Questi risultati sono quindi inutili sia da un punto di vista medico sia da un punto di vista statistico, dato il limitato numero di campioni esaminati in ogni ricerca. Prima di procedere oltre si può aggiungere che l’Omeopatia sostiene di poter curare qualsiasi malattia, dall’asma alla gastrite e per alcuni persino il cancro (non risulta però ad oggi che i malati di cancro siano così drasticamente diminuiti, nda), e di poter essere utilizzata persino in alcuni casi di pronto soccorso. La ricerca attuale in campo omeopatico, ricerca che non segue protocolli convenzionali come il noto doppio-cieco, si distingue in ricerca di base e ricerca clinica. Le attività di ricerca di base si dividono, a loro volta, essenzialmente in due campi: - convalida della “Legge dei simili”, regola fondamentale sulla quale si basa la medicina omeopatica; - valutazione degli effetti delle sostanze altamente potenziate, cioè diluite e dinamizzate, su vari sistemi biologici. Per il primo obiettivo possiamo brevemente dire che, come affermato dalla stessa Società Italiana di Medicina Omeopatica (S.I.M.O.), gli studi effettuati sono relativamente pochi, quindi attualmente non è possibile dare nessun giudizio utile. Si può però aggiungere che spesso si vanta una somiglianza tra rimedi omeopatici (operanti secondo la legge del “Simile cura il simile”) e vaccini. In entrambi i casi sembrerebbe che la stessa sostanza che provoca una certa malattia riesce anche a curare dalla stessa. La fondamentale differenza è che tramite i vaccini si forniscono all’organismo piccole quantità, definite e quantificabili, di una sostanza che stimolando il sistema immunitario riesce a proteggerci, mentre nel caso dei rimedi omeopatici si assumono solo acqua e alcol! Per il secondo obiettivo è stato impossibile ricavare dei dati quantitativi sul numero di ricerche effettuate. Si può solo aggiungere che la chimica ufficiale mondiale rifiuta categoricamente, dopo aver dimostrato più volte teoreticamente e sperimentalmente la motivazione di tale posizione, la possibilità che l’acqua abbia una memoria delle sostanze che sono state presenti in essa, confutando la tesi sulla quale si fonda la preparazione e l’utilizzo dei rimedi omeopatici. In poche parole i rimedi omeopatici, non presentando traccia delle sostanze attive presenti in origine, escludendo ovviamente l’acqua che NON si ricorda di aver contenuto tali sostanze, non possono agire in nessun modo sugli organismi biologici. Le attività di ricerca clinica, effettuate fino a metà degli anni novanta circa, possono essere riassunte nel seguente elenco, presente in una relazione della sottocommissione europea ECH (European Comittee for Homeopathy, ovvero Comitato Europeo per l’Omeopatia): - studi effettuati: 105 - risultati positivi: 81 su 105 - risultati negativi: 24 su 105 Di fronte a certi dati si può fare una prima semplice considerazione: il numero di studi effettuati è drammaticamente basso rispetto alla diffusione mondiale che hanno queste tecniche, quindi non esiste una base sperimentale neanche dal punto di vista della ricerca clinica. È bene effettuare un’ulteriore importante precisazione, ricavabile grazie ai dati forniti dalla precitata sottocommissione ECH: dei centocinque studi di cui si è appena parlato solo una porzione è stata effettuata seguendo regole di qualità, ma pur sempre non corrispondenti ai protocolli ufficiali. Per la precisione: - studi di alta qualità: 22 - risultati positivi: 15 su 22 - risultati negativi: 7 su 22 Si può vedere immediatamente come in realtà gli studi da considerare non siano più centocinque, come prima detto, ma solo ventidue, ridicolizzando, quasi, i fondamenti sperimentali su cui si basa l’Omeopatia. é possibile ricavare ulteriori dati da riviste specializzate, ma gli ordini di grandezza sono sempre gli stessi. Il numero totale di prove è sempre dell’ordine di un paio di decine e quelle positive dell’ordine della singola decina, confermando ogni punto sopra esposto. Riportiamo qui di seguito un esempio di registrazione di un dato “significativo”, da parte di uno sperimentatore, apparso sul sito Internet della Scuola di Medicina Omeopatica di Verona: “non verrà scritto ‘un certo rimedio omeopatico ha causato tosse’ ma ad esempio ‘tosse grassa che viene dopo mezzanotte a letto disteso’” (ecco il dato significativo! L’orario, infatti, rappresenta una precisazione quanto mai importante, nda). Si può citare un importante e scandaloso avvenimento verificatosi in Francia nel 1988. L’immunologo francese Jacques Benveniste dichiarò, alla comunità scientifica internazionale, di aver dimostrato sperimentalmente che l’acqua ha effettivamente una memoria, e che quindi si ricorda delle sostanze che conteneva in precedenza, dando così un fortissimo sostegno alle basi teoriche dell’Omeopatia. Pubblicò le sue fantomatiche dimostrazioni (pubblicazione apparsa su Nature, la cui redazione sottolineò nell’editoriale la presa di distanza della rivista dalla validità della ricerca), ma la vicenda si concluse con una sospensione dello scienziato dall’istituto presso il quale lavorava (INSERM). Le motivazioni che portarono l’INSERM a sospendere lo scienziato furono le seguenti: la “straordinaria” ricerca era stata finanziata da una delle più importanti aziende produttrici di rimedi omeopatici e soprattutto era stata condotta secondo protocolli impropri e inusuali, che diedero quindi luce a risultati insensati (a prova di questo, i test furono ripetuti più volte e rigorosamente in doppio cieco dando risultati completamente opposti). Può essere anche rilevante notare come uno dei maggiori responsabili di tale smascheramento fu James Randi (uno dei fondatori del CSICOP, Comitato per l’indagine scientifica sul paranormale, e presidente della James Randi Educational Foundation, fondazione volta a condurre e finanziare indagini nel campo della parapsicologia, attività paragonabile a quella del CICAP italiano). Per inciso il CICAP è il Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sul Paranormale. Questa vicenda fece cadere in disgrazia il prima famoso immunologo Benveniste. Una tra le più forti obiezioni, anche sperimentali, fatte all’Omeopatia è di servirsi nella cura dei pazienti esclusivamente dell’effetto placebo. L’effetto placebo è un effetto psicologico indotto dal medico, o chi per lui, sul paziente che in molti casi dimostrati riesce ad alleviare un dolore o addirittura a guarire. Quest’effetto è chiaramente efficace solo in alcune situazioni non gravi. Ciò che molti test clinici tendono a dimostrare è che i rimedi omeopatici non danno risultati positivi più elevati di quelli che si otterrebbero grazie al solo effetto placebo. Per verificare però se un medicinale ha un effetto indipendentemente dal semplice effetto placebo è necessario effettuare test tipo il “doppio cieco”, dove paziente e medico non possono influenzarsi a vicenda. Questa tipologia di test, universalmente riconosciuto anche in ambito non medico, è però largamente rifiutata dagli sperimentatori “omeopatici”, insinuando così un ulteriore dubbio sulla validità di questa disciplina medica. Allo stato attuale dell’arte, i test rigorosi condotti per verificare la validità dell’Omeopatia hanno portato a risultati negativi. I rimedi omeopatici non hanno effetti maggiori rispetto a semplici placebo (cioè cure senza somministrazione di nessun medicinale) oltre ad essere eccessivamente cari (basti pensare che contengono solo acqua distillata o alcol etilico). L’elevato costo di questi medicinali, in realtà, può essere visto come un vantaggio enorme per la salute dei cittadini. Si può infatti pensare come il costo sia la più efficace arma contro il pericolo di diffusione dei medicinali omeopatici tra i pazienti in sostituzione di quelli ufficiali, cioè testati e controllati. La speranza è perciò che il prezzo salga vertiginosamente in modo tale da azzerarne le vendite.
La metodologia seguita nell'omeopatia Da anni è noto che la conoscenza scientifica progredisce seguendo un insieme di regole e procedure chiamato “metodo sperimentale”. L’osservanza o meno di tale metodo è una discriminante tra disciplina scientifica e no. È a questo punto superfluo dire che l’Omeopatia non segue a pieno tutte le regole imposte dal metodo sperimentale. - Un primo errore commesso dai ricercatori omeopati consiste nelle modalità di registrazione dei dati sperimentali relativi alle proprie ricerche. Nella maggior parte delle pubblicazioni non sono esposti dati e percentuali rilevanti e tangibili. Se invece alcuni dati statistici sono riportati essi sono incompleti o sono stati ottenuti seguendo procedure scorrette. Questo comporta l’impossibilità di confutazione e critica dei risultati e delle relative teorie di sostegno. Tale atteggiamento è assolutamente antiscientifico! - Un secondo errore nella teoria omeopatica consiste nell’uso di termini o concetti metafisici. A tale proposito si può citare un’affermazione di F. Selvaggi: “Enti e relazioni che non siano osservabili per principio, né definibili mediante esperienze almeno ideali, non hanno senso fisico e non possono essere oggetto della fisica”. O ancora da E. Poli: “Per quanto riguarda la biologia, il principio della definizione operazionistica dei termini è un importante elemento di chiarificazione e serve ad espungere dal discorso molte implicazioni non-scientifiche e i falsi problemi che da esse possono prendere lo spunto”. Negli scritti di Hahnemann e di tanti omeopati attuali ricorrono spesso termini come “principio spirituale dinamico”, “energia vitale”, e molti altri ancora più fantasiosi, ed è evidente come questi non siano definibili operativamente e che quindi non possano essere utilizzati all’interno di teorie scientifiche. Si conclude che la teoria omeopatica non è una teoria scientifica! - Un terzo errore consiste nell’uso e nell’introduzione di ipotesi ad hoc nella teoria. Se ad esempio un medico somministra ad un paziente un certo rimedio, ma esso non produce effetto alcuno, sovente il medico sosterrà che la cura era corretta ma era semplicemente sbagliata la diluizione, senza ripetere la prova. Oppure sosterrà il corretto valore della diluizione ma indicherà che il paziente possedeva una costituzione (cioè tipologia di appartenenza di un essere umano ad una certa categoria; in Omeopatia sono definite quattro diverse costituzioni con ognuna caratteristiche differenti: carbonica, fosforica, fluorica, solforica) tale da non permettergli di reagire adeguatamente a quel rimedio. Tali tentativi di salvataggio delle teorie sono ostacoli alla verità scientifica! - Un quarto inconveniente è l’impossibilità di effettuare previsioni controllate di fenomeni basandosi su delle leggi di natura (a differenza di profeti o ciarlatani vari). Citando D. Antiseri: “Il potere predittivo di una teoria scientifica costituisce il fondamento della sua validità, il fascino della scienza e la base sistematica delle sue applicazioni tecnologiche”. La medicina scientifica attuale è in grado di prevedere, con un certo ovvio margine d’errore, dati fenomeni. L’Omeopatia non può fare previsioni in ambito fisiopatologico, e le cose non migliorano da un punto di vista terapeutico. La conferma pratica delle previsioni di una teoria è la strada più impressionante per convalidare la stessa, di conseguenza l’incapacità di fare previsioni esatte e attendibili mostra la debolezza della teoria omeopatica. - Una quinta critica la si può volgere al principio di falsificabilità, criterio fondamentale per distinguere una scienza da una pseudoscienza, fornito da Karl Popper. In breve, ciò che rende una scienza tale è la possibilità che la sperimentazione riesca a intaccare delle teorie fino a quel momento valide. Cioè la possibilità che una teoria possa evolversi e migliorarsi continuamente grazie alla confutazione sperimentale. L’Omeopatia non ha mai modificato, a fronte di nuove scoperte o di sperimentazioni, le proprie convinzioni sulla “Legge dei simili” e soprattutto sulla “memoria dell’acqua” nonostante tutte le prove contrarie. Da ciò segue inevitabilmente che l’Omeopatia non è una dottrina scientifica!
Diffusione e regolamentazione In conclusione, voglio mostrare alcune percentuali, risalenti all’intervallo 1985-1992, che mostrano la diffusione delle pratiche omeopatiche tra la popolazione di alcuni paesi europei e negli USA, per sottolineare ulteriormente che una diffusione tale richiede controlli più rigidi da parte degli enti competenti: Belgio 56 %, Francia 32 %, Olanda 31 %, Danimarca 27.5 %, Gran Bretagna 16 %, Svezia 15 % e USA 3 %. Come dichiarato dalla stessa ECH l’Omeopatia non ha avuto ancora riconoscimenti legali di nessun tipo all’interno degli stati membri dell’Unione Europea. Eccezione è fatta dalla Gran Bretagna dove invece la diffusione è sovvenzionata dal sistema sanitario nazionale, e la Facoltà di Omeopatia è ufficialmente riconosciuta come formazione post-laurea per laureati in medicina (la Gran Bretagna è l’unico stato dell’UE ad avere ospedali omeopatici per il servizio pubblico). Inoltre, in Germania, esiste una sorta di titolo di studio in medicina omeopatica riconosciuto dal Consiglio Sanitario Tedesco. Per quanto concerne, invece, la diffusione tra medici e praticanti non laureati in medicina, la situazione è molto differente tra i vari stati dell’Unione Europea. In Olanda il 47 % dei medici generici utilizza metodi terapeutici non convenzionali (Omeopatia 40 %, Osteopatia e Chiropratica 9 %, Agopuntura 4 %). A sostegno di questa condizione si può notare che l’esercizio della medicina, in ogni sua forma, da parte di professionisti non legalmente riconosciuti è perseguibile solo per negligenza. In Gran Bretagna il 30 % circa dei medici generici utilizza la medicina non convenzionale. Anche in questo caso però è fondamentale sottolineare che non esiste una regolamentazione diretta verso i praticanti non laureati (anche se il Sistema Sanitario Nazionale dopo alcuni studi, condotti ad esempio dalla York University per suo conto, ha ammesso che non esistono prove sperimentali della validità delle cure omeopatiche; lo stesso ammette che ci sono delle ricerche che forniscono dati positivi a riguardo, ma queste sono state condotte secondo modalità inusuali e quindi perdono una validità scientifica). In Belgio l’84 % dell’Omeopatia è effettuata da medici, mentre il 16 % da praticanti non laureati. Attualmente nell’Unione Europea circa 5000 medici sono membri di Associazioni Nazionali di Medici Omeopati. Molti più medici, tuttavia, prescrivono rimedi omeopatici: circa il 25-40 % saltuariamente, il 6-8 % più regolarmente. Indipendentemente da tutto ciò, non ci sono dubbi che ogni Stato dovrebbe regolamentare l’utilizzo (o meglio vietare) dei rimedi omeopatici, per garantire la salute dei cittadini, i quali dovrebbero essere informati esplicitamente su “cosa” utilizzano per curarsi. È importante sottolineare che utilizzando i rimedi omeopatici, infatti, non si assumono medicinali convenzionali di provata validità e questo può portare a conseguenze anche drammatiche. Il paziente che sceglie cure alternative, di non dimostrata efficacia, rischia solo di peggiorare la propria situazione clinica a causa di una mancanza di cure valide.
Commenti di alcuni esperti Ecco di seguito alcuni “importanti” commenti della comunità scientifica sull’Omeopatia.
- Rita Levi Montalcini (premio Nobel per la Medicina): “L’Omeopatia non è una cura alternativa ma una non-cura. Il danno maggiore di questa cosiddetta terapia è di illudere i pazienti incoraggiandoli a ricorrere a una cura che non ha alcun fondamento scientifico.”
- Renato Dulbecco (premio Nobel per la Medicina): “I rimedi omeopatici sono pasticci senza valore alcuno.”
- Alberto Mantovani (presidente della Società Italiana di Immunologia): “I rimedi omeopatici non hanno dimostrato alcuna attività sul sistema immune in condizioni controllate. Si tratta quindi di una pratica priva di fondamento scientifico, potenzialmente dannosa per i pazienti, in particolare quando si sostituisce a profilassi e terapie di provata efficacia.”
- Girolamo Sirchia (ematologo, immunologo, Ministro della Salute): “I prodotti omeopatici non vengono normalmente sottoposti ai protocolli di validazione adottati per gli altri farmaci, come la sperimentazione in doppio cieco. […] di fronte alla mancanza di dati è naturale che esistano dubbi legittimi sulla validità di queste cure.”
- Silvio Garattini (farmacologo, Direttore dell’Istituto farmacologico “Mario Negri” di Milano): “[…] L’Omeopatia è quindi il nulla. Come il nulla possa produrre qualcosa, e nello specifico un effetto terapeutico, fa parte del mistero e del fideismo; se il nulla producesse qualcosa dovremmo cambiare il nostro modo di vivere e di pensare. […] Come pure sarebbe doveroso spiegare su quale base i cittadini pagano fior di soldi per qualcosa che non contiene nulla anche se tutto ciò è venduto nelle farmacie. E ancora, chi vende qualcosa non deve dimostrare l’efficacia di ciò che vende? […] Va detto naturalmente che sarebbe un delitto in ogni caso usare l’omeopatia per malattie gravi.”
- Jacopo Meldolesi (farmacologo, direttore del Dipartimento di neuroscienze del DIBIT, Istituto scientifico San Raffaele, Milano): “Per avere un effetto, tutti i farmaci, così come tutte le sostanze del nostro corpo, devono legarsi a bersagli e indurre un segnale nelle cellule. Se il segnale è troppo debole, la cellula neanche se ne accorge. Per questo, anche per il farmaco più potente, la dose più piccola con effetto apprezzabile non può essere minore di miliardi di molecole. Come faranno mai ad avere un effetto apprezzabile i rimedi omeopatici che (almeno ufficialmente) di molecole ne contengono molte, ma molte meno?”
Da un articolo di G. Federspil e C. Scandellari (professori di semeiotica medica, Università degli Studi di Padova): “Uno dei caratteri principali del sapere scientifico è costituito dalla sua sistematicità, vale a dire dalla tendenza di tutte le discipline scientifiche a fondersi in un’unica, grandissima struttura concettuale. L’Omeopatia non partecipa a questa caratteristica del sapere scientifico e continua ad essere una dottrina chiusa in se stessa, ancorata alle idee del suo fondatore ed incapace di ogni reale evoluzione concettuale.”
Altri commenti contrari alla medicina omeopatica sono stati espressi da Umberto Veronesi (oncologo, ex Ministro della Sanità), dalla Sezione V del Consiglio Superiore della Sanità, da tutti i Primari degli Ospedali Riuniti di Bergamo e da altri ancora.
Un interessante commento, adattabile anche alla medicina, è stato pronunciato da Thomas Paine (un firmatario della Dichiarazione di Indipendenza degli Stati Uniti d’America): “È più facile credere che la natura abbia cambiato il suo corso o che un uomo dica una bugia?”
Per concludere, si può aggiungere una regola universale che dovrebbe essere tenuta sempre in considerazione, soprattutto in ambito medico: DICHIARAZIONI STRAORDINARIE RICHIEDONO STRAORDINARIE DIMOSTRAZIONI!
Maggio 2002
Luca Derosa, Simona Samiolo
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