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- Il bullismo -

 

Il bullismo… fenomeno tanto discusso, ma cosa ne sappiamo realmente?

Negli ultimi mesi le cronache quotidiane riportano con sconcertante regolarità episodi più o meno gravi di bullismo o di atti conseguenti ad azioni dei “bulli”: suicidio della vittima, vendette genitoriali e altre tristi conseguenze.

Il fenomeno si è ormai esteso in tutte le zone dell’Italia e fra ragazzi di differenti classi sociali.
Le statistiche sovrabbondano, si stima che il 70 % dei ragazzini fra i 12 e i 14 anni abbia subito o avuto contatto con episodi di bullismo.
Nonostante queste cifre desolanti, mille articoli di giornale, numerosi e inquietanti servizi giornalistici e televisivi, quanto ne sappiamo veramente su questo fenomeno?

Come si manifesta nelle scuole e fra i ragazzi? Quali le cause?
La psicologia ha evidenziato questo fenomeno già una quindicina d’anni fa, perlopiù negli USA e lo ha studiato con grande attenzione.
Gli atti di aggressività riscontrati sono diretti o indiretti a seconda che si attacchi fisicamente il bambino-vittima o si cerchi di isolarlo e si diffondano voci malevoli sul suo conto. Il primo tipo di atteggiamento è tipicamente maschile, il secondo femminile. Molti ragazzi pur non avendo un ruolo diretto nell’aggressione compartecipano passivamente e questo accade principalmente a scuola. Si è inoltre trovato, in numerosi studi longitudinali (studi e raccolta di dati relativi ad uno stesso soggetto ma effettuati in tempi successivi), che gli individui aggressivi, negli anni seguenti, avrebbero mantenuto condotte criminali e di abuso di alcool (Schaffer, 1998).

Si può solo restare passivamente sgomenti di fronte a questa grave situazione?
Ci si limita a giudicare bambini e ragazzi che sono tanto violenti. Ma siamo in grado di riconoscere le cause del fenomeno? Cosa è responsabile di questa “regressione” dei giovani?

Alla base dei vari episodi vi sono denominatori comuni come la solitudine e l’incompetenza emotiva e relazionale. Ma soprattutto vi è l’assenza della figura adulta, genitoriale e del corpo docente.
I bulli, infatti, si rinforzano tramite la sfida all’autorità, dal fumo alle droghe, dalle beffe agli atteggiamenti violenti.
La loro morale è la legge del più forte, anzi, del più prepotente. Il bullo non ha  sviluppato un "Super-io" sano. Questo, origine della coscienza morale degli individui, deriva dal riconoscimento dell’autorità paterna (Freud),  necessaria per vivere nella società civile rispettandone i limiti e le regole.
Questo perché  i bulli sono ragazzi e bambini soli, lasciati per intere giornate davanti alla tv o a videogiochi che più violenti non potrebbero essere. Seguono i  modelli alquanto discutibili che i mass-media  propinano loro quotidianamente e in maniera martellante. Sono bambini allevati dalla tv e non da mamme calorose che condividano con loro le emozioni, ne da papà stimolanti, affettuosi e autorevoli. I bulli non hanno ricevuto carezze o baci ma hanno una stanza piena di giocattoli… probabilmente di armi!

A loro manca la vita sociale della famiglia, mancano gli affetti, la definizione dei limiti che insegnano cosa è lecito fare e cosa no e l’indicazione delle conseguenze che l’infrazione di una regola provoca.

La struttura famigliare con i suoi meccanismi indispensabili alla costruzione della personalità dell’individuo dovrebbe essere ripristinata perché negli ultimi anni è andata in fumo.
È da qui che bisogna ripartire per rieducare i nostri ragazzi.

Come poter collaborare con le famiglie ed evidenziare le conseguenze della loro assenza?

Qualche consiglio di classe ha provato a sospendere momentaneamente i bulli da scuola, ma in questo modo hanno acquistato ulteriore “celebrità”. Infatti, come ha sostenuto l'assessore pugliese Silvia Godelli ad un convegno sul bullismo tenutosi a Bari, città in cui un preside è stato picchiato dai genitori di un alunno, "Sospendere i violenti vuol dire rimandarli nell'ambiente che ha prodotto la violenza".
Pertanto è indispensabile ripensare il ruolo della famiglia, riesaminarne il valore che questa ha nello sviluppo psicologico e morale del bambino e quindi recuperare la sua funzione originale di formazione. Bisogna coglierne le carenze accumulate negli ultimi anni, ristrutturare il nucleo che avvia i bambini alla vita sociale e soprattutto sana. Questa è una responsabilità di tutta la società civile.

Esistono dei consigli per le vittime del bullismo?
Per quanto riguarda le vittime,  invece, la costante è la mancanza di capacità di autoaffermazione e autostima (Schwartz, Dodge, Coie, 1993) .
I bambini devono imparare ad acquisire la consapevolezza sana della loro forza, il senso di controllo della loro vita, imparare a difendersi dagli atti ingiusti dell’altro.
Anche queste capacità devono essere promosse nella famiglia tramite il confronto con i genitori e con i fratelli, con il dialogo, lo scambio rispettoso di opinioni, con la disponibilità all’ascolto da parte delle figure genitoriali. I bambini non devono avvertire che i loro discorsi sono stupidi e inutili ma devono sentire che anche a loro viene data dignità; solo così costruiranno il senso di autostima che servirà ad affrontare con coraggio le difficoltà a cui potranno andare in contro e non tacerle facendo ancora una volta “il gioco”dei bulli.

La solitudine nella famiglia genera i carnefici ma anche le vittime.

Bibliografia

Schaffer, H.R., Lo sviluppo sociale, Raffaello Cortina, Milano, 1998

Schwartz, D., Dodge, K.A., Coie, J.D., "The emergence of chronic peer victimization in boys’play groups", Child development, v. 64, 1993, pp. 1755-1772

 

 

3 maggio 2007

 

Antonella Troilo

 

Nota

Nell'articolo la problematica del bullismo è stata affrontata riferendosi in modo particolare ad episodi, ricerche, fenomeni, circoscritti al periodo infantile. Questa scelta è stata dettata da più fattori.

Il fenomeno risulta tanto più grave quanto più bassa è l'età in cui si manifesta perchè evidenzia le uniche  modalità relazionali apprese dal bambino, anche piccolo.

La prevenzione o la correzione degli stili di interazione della vittima e del bullo sono plausibili (in famiglia o tramite interventi terapeutici) con i bambini più piccoli, la cui personalità si va ancora formando.

Le relazioni familiari  vissute dal bambino nell'infanzia sono decisive nella formazione del suo carattere e della sua psiche in senso generale e favoriscono l'insorgenza della condizione di vittima o di bullo.

Con l'avvento dello sviluppo e dell'adolescenza, il fenomeno del bullismo può essere letto in chiave psicopatologica poichè l'adolescente vive un periodo in cui le strutture psichiche ( il modo di ragionare, di comportarsi nella vita quotidiana) si consolidano e quindi questo modo violento di interagire con i pari diventa una modalità stabile. In questi casi si parla di "devianza". A questa, si risponde con interventi terapeutici mirati.

   
     

 

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