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Adolescenza in chiave psicoanalitca -
Leggere ed interpretare il periodo adolescenziale tramite le conoscenze psicodinamiche può aiutare a comprendere meglio tutta la complessità e la delicatezza di questo momento di vita e soprattutto serve a fornire una chiave di lettura differente dei fenomeni che lo caratterizzano in una chiave di lettura tecnica ma molto efficace. In questa sede, ricostruendo l’excursus storico del progresso delle conoscenze in questo campo, vengono considerati i contributi più autorevoli, punti di riferimento per le conoscenze attuali. Un adolescente che si guarda allo specchio non vede più il bambino che era ma neanche, ancora, l’immagine di un adulto. L’ adolescente si confronta con un’immagine di sè in evoluzione, in un delicato processo di costruzione della propria identità attraverso una complessa separazione dalla realtà infantile. Tra i primi studi dedicati a questo periodo della vita ci sono quelli freudiani in cui, con i Tre saggi sulla teoria sessuale (1905) il padre della psicoanalisi descrive l’adolescenza come l’epoca dei cambiamenti, sottolineando il valore della pubertà. Fulcro di questi cambiamenti, però, resta solo la maturazione sessuale col disinvestimento delle zone erogene e l’investimento di quelle genitali, alle soglie di una sessualità matura. La prospettiva freudiana, da tempo considerata limitata, viene ampliata agli inizi del XX secolo: sempre maggiore attenzione è rivolta al mondo adolescenziale da parte di numerosi autori, tenendo conto dei molteplici aspetti che lo caratterizzano, ed aumenta la sensibilità per la delicatezza di un periodo di snodo e di definitivo passaggio alla formazione ed al consolidamento della personalità del giovane adulto. A questa fase della vita viene riconosciuta la criticità di un momento di complesso lavoro e di riorganizzazione fisiologica generale e delle strutture portanti del pensiero, che riceve la significativa definizione di “seconda nascita”. A conferma di ciò, nonostante il fiorire di differenti approcci di studio, si riscontra una costante che accomuna i vari modelli: la fondamentale importanza dell’epoca adolescenziale per la formazione dell’individuo. Fra i contributi più autorevoli relativi a questo affascinante periodo della vita, è significativo quello di Blos (1962, 1979). Influenzato dalla sua formazione biologica, egli guarda a questa tappa della crescita nei termini di un continuum evolutivo, considerando l’adolescenza un secondo processo di separazione-individuazione, con il primo completato al termine del terzo anno di età con il raggiungimento della coscienza del sé e degli oggetti esterni. Questa definizione indica la ripetizione di un processo di separazione dell’individuo dalle figure genitoriali per delineare, in maniera definitiva, i propri “confini” personali e psicologici oltre che fisici. Con la pubertà, infatti, è segnata la “morte” del corpo infantile e degli oggetti della prima infanzia. Va aggiunto che entrambi i periodi di individuazione, la prima infanzia e l’adolescenza, sono caratterizzati da una aumentata vulnerabilità soggettiva e sono accomunati dal fatto che una loro deviazione potrebbe portare allo sviluppo di una patologia. L’individuazione, e quindi la separazione dell’adolescente “concretizzata” con i cambiamenti strutturali che accompagnano il distacco emotivo dagli oggetti infantili interiorizzati, è un processo continuo, verso il disimpegno dagli oggetti d’amore primari generalmente rappresentati dall’immagine idealizzata dei genitori, per la scoperta di nuove modalità di investimento verso oggetti extrafamiliari che faranno divenire l’adolescente membro del mondo adulto. L’opinione che questo periodo evolutivo sia caratterizzato dal disimpegno dagli “oggetti” d’amore primari (rappresentati generalmente dai genitori) è largamente condivisa fra gli autori (Blos, 1962, 1979; Winnicott, 1968): sono soprattutto i riferimenti familiari che l’adolescente deve respingere mentalmente per staccarsi dalla precedente immagine di sé ed allontanarsi dall’investimento edipico per potersi impegnare nuovamente e sperimentare la scoperta di nuove possibilità di identificazione fuori dalla famiglia. Il presupposto fondamentale di questa evoluzione è costituito per l’adolescente dalla “lettura della perdita di coerenza nei significati delle proprie transazioni interne” (1), che porta il giovane ad avere confusione nel riconoscimento di sé e degli altri, senza poter più fare riferimento agli oggetti primari della propria infanzia”, ed a considerare maggiormente la rete di relazioni affettive nel contesto di appartenenza. Blos osserva la fase adolescenziale anche considerando i cambiamenti dovuti alla maturazione pulsionale. La dimensione dell’Io, cioè quella parte della psiche che deve mediare tra inconscio e mondo esterno, è coinvolta intrinsecamente in questo processo. L’Io risulta più debole poiché deve lottare con le pulsioni istintuali intensificate ed in più l’adolescente non fa più riferimento ai genitori idealmente sentiti come onnipotenti e fonte di protezione sicura e mettendo in discussione la loro autorità. L’Io supporta questo processo mettendo in gioco le sue estese risorse che a questa età sono sostenute dalla spinta evolutiva verso la crescita e la maturazione. “Per andare avanti bisogna fare un passo indietro”. Questo paradosso può rappresentare la chiave di lettura del processo di individuazione, poiché la regressione (questo passo indietro è generalmente manifestato dagli adolescenti con comportamenti irrazionali) è finalizzata allo sviluppo. Regressione e ricapitolazione sono due meccanismi finalizzati a portare a termine il compito maturativo dell’adolescente. Questi fanno rivivere a livello profondo un temporaneo ritorno alle prime fasi di sviluppo. La regressione adolescenziale, che si manifesta in comportamenti irrazionali o infantili, è considerata un avvenimento normativo, finalizzato alla risoluzione di vicissitudini infantili che non sono state affrontante adeguatamente durante i primi anni della vita. La capacità di regredire è correlata col progresso evolutivo dell’adolescente. Questi fenomeni regressivi rendono possibile il raggiungimento dell’età adulta e in questa chiave devono essere interpretati (Blos , 1979). Parallelamente, Winnicott, in un saggio del 1969, afferma che “in pubertà appaiono gli stessi problemi che erano presenti negli stadi precoci” (Winnicott, 1968). Anche E. Erikson (1982) considera il processo in chiave di continuità evolutiva e interpreta la ricerca della propria identità, da parte dell’adolescente, nei termini di una continuità con l’infanzia; a questo sforzo il ragazzo o la ragazza reagiscono secondo modalità che dipendono da come nel periodo infantile sono stati integrati i differenti elementi dell’identità. Partendo da questi concetti si giunge al fulcro di questo studio: l’etiogenesi (interpretazione causale dei fenomeni psichici) delle distorsioni delle relazioni in adolescenza. Spesso l’attualizzarsi di questi passi evolutivi, soprattutto nel periodo di loro maggior vigore, è testimoniato dalla presenza di comportamenti devianti e irrazionali (acting-out), messi in opera per “salvaguardare la struttura psichica dalla dissoluzione regressiva”. Anche le fantasie edipiche, ossia l’amore verso il padre per le bambine e la competizione col padre per i bambini, vengono rivissute in fase adolescenziale. Secondo molti autori gli adolescenti, hanno ora la possibilità di “concretizzare” le fantasie edipiche infantili producendo acting-out (l’omicidio per il ragazzo e possibilità di prostituirsi per la ragazza). Sotto forma di interazione patologica con l’ambiente. Partendo da questi assunti, è possibile osservare sotto forma di ripetizione (teoria della ricapitolazione), i riflessi delle modalità o delle problematiche concernenti il distacco avvenuto nell’infanzia: i rischi patologici sono collegati alle carenze (di tipo affettivo-relazionale) accumulate negli anni precedenti, fino al terzo e al decimo di età. Oltre il bagaglio di problematiche che il ragazzo potrebbe portarsi dietro dall’infanzia, in adolescenza il legame di dipendenza dagli eventi esterni è esposto ai tipici rischi dei “periodi di passaggio”. Un esempio calzante seppur estremo, che illustra l’evoluzione di questi meccanismi, è rappresentato da quei casi di adolescenti abbandonati nell’infanzia che con le proprie perversioni tentano di sopravvivere ed essere onnipotenti, per liberarsi dal bisogno di accudimento e per proteggersi dal gelo dell’abbandono subita anche a pochi mesi di età. La patologia nell’adolescente si sviluppa in risposta ai deficit affettivi di cui è stato vittima da infante, ed i mezzi impiegati rendono abortivo lo slancio maturazionale. Il processo di seconda individuazione si caratterizza per la maturazione di una innovativa strutturazione dell’Io, parallela alla progressione delle pulsioni; un esempio sono le nuove abilità intellettive che fioriscono nel ragazzo di questa età, rappresentate dalle capacità di ragionamento razionale ed astratto. Ogni relazione con persone o eventi si connota in modo negativo o positivo e crea nella mente una immagine, un modello di sé stessa. Così il ragazzo sviluppa rappresentazioni e simbolizzazioni dei contesti relazionali, di persone reali o di immagini internalizzate, queste rappresentazioni sono chiamate oggetti. L’oggetto infatti è la rappresentazione esterna o interna di una relazione affettiva e si colora di qualità positive o negative in base al rapporto intrattenuto con essa. Queste rappresentazioni interne si formano e si consolidano con l’esperienza infantile durante il processo di distacco primario, costruendo dei modelli operativi interni: conoscenze che si hanno di sé e del mondo, che guideranno il ragazzo nelle esperienze di interazione con il mondo interno. Molti autori sottolineano che in questo periodo della vita questi modelli sono le determinanti principali dei comportamenti interpersonali. Le modalità per affrontare la realtà esterna dipendono anche da queste dinamiche interne. In particolare durante l’adolescenza, in virtù della ricapitolazione, questi modelli, appaiono nella loro forma originale e sono rivissuti in maniera ambivalente ed il compito dello sviluppo adolescenziale è di rafforzarli. Ma proprio in questo periodo riappaiono anche le distorsioni della realtà che si sono sviluppate nei processi primari di separazione, al termine della fase edipica. Questo momento di cambiamento vede l’adolescente alle prese con un nuovo corpo, sessualmente sviluppato, dei nuovi oggetti d’amore e con nuove modalità di interazione col mondo. A ciò egli fa fronte tramite transitorie idealizzazioni del Sé e degli oggetti delle relazioni che solo con lo sviluppo della ragione matureranno. A parte la tumultuosità e l’irregolarità dei cambiamenti in epoca adolescenziale, i disturbi delle dinamiche interne possono essere gravi nelle loro manifestazioni ed avere radici molto profonde. A causa della regressione che si attua durante questo periodo, non esiste per il ragazzo una linea stabile di confine tra fantasia e realtà; infatti l’adolescente è megalomane: la sua è una cieca fede nella magia dell’azione con cui spera di controllare il suo destino. Gli individui in cui prevalgono queste condizioni “equiparano la realtà del pensiero con la realtà esterna e i desideri con la loro soddisfazioni” (Freud, 1911); la relazione disturbata implica che l’esame di realtà sia distorto. Conseguenza di questa distorsione è l’acting-out che da Blos (1979) è considerato come un modo frenetico di rivolgersi alla realtà per la paura di perderla. Fondamentale presupposto di questa condizione patologica è il trauma infantile e l’acting-out rappresenta una rinuncia alla capacità di controllo della realtà che si sente di perdere. Il mondo esterno appare come lo specchio dei conflitti interni. Il conflitto interiore viene sperimentato come un conflitto fra sé e l’ambiente, che diventa il nuovo oggetto di odio e di amore, durante la fase di seconda individuazione, e così il giovane adolescente può soccombere a rassegnazione disfattista, risentita, “aggressività passiva” o regressione psicotica o iperattività o al tentativo di modellare un mondo perfetto con la forza. Le proiezioni del male all’esterno evitano la delusione verso il sé: un tipico meccanismo di difesa di questa età. Da questa disamina dei meccanismi profondi che sottostanno allo sviluppo psichico adolescenziale si possono individuare delle lenti di lettura che possono indirizzare coloro che si occupano di adolescenti nell’accompagnarli in questo delicato momento di ridefinizione della propria vita soprattutto mentale. Anche prevenendo carenze nella fase infantile, si può aiutare il futuro adolescente a superare più serenamente questa fase di ridefinizione della sua persona. La lettura psicodinamica dei mutamenti interni può aiutare meglio a rispondere ai dubbi che molti si pongono circa la manifestazioni comportamentali irrazionali o apparentemente incomprensibili degli adolescenti, ancor più oggi.
Bibliografia Blos P. (1979), L’adolescenza come fase di transizione. Aspetti e problemi del suo sviluppo, Tr. It. Roma: Armando, 1988 Blos P. (1962), L’adolescenza, Tr. It. Milano: Franco Angeli, 1980 Erikson E. H. (1982), I cicli della vita, Tr. It. Roma: Armando Editore, 1984 Freud S. (1911), Precisazioni sui due processi dell’ accadere psichico. Opere, vol. V . Tr. It. Torino: Boringhieri, 1970 Freud, S. (1905), Tre saggi sulla teoria sessuale, Opere, vol. V, Tr. It. Torino: Boringhieri, 1970 Winnicott D. W. (1968), Concetti contemporanei sullo sviluppo dell’adolescente e loro implicazioni per l’educazione superiore, In: Gioco e realtà, Roma: Armando, 2003
10 aprile 2008
Antonella Troilo
Nota 1 Con questa espressione puramente psicodinamica si indica lo stato di incoerenza che il giovane vive non riconoscendosi né nell’identità di bambino ma neanche, ancora, in quella di adulto. Di conseguenza, tale stato di indefinitezza lo porta a cercare dei nuovi punti di riferimento interni prima rappresentati dall’immagine del genitore.
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