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Diario di scuola -
di
Daniel Pennac, ed. Feltrinelli
Ammettiamolo onestamente: a scuola ci sono i bravi e gli asini.
Questo libro, nonostante sia dedicato ai secondi, forse produrrà il maggiore effetto sui primi.
Si scopre che la definizione associata alle due classi è sbagliata: a scuola ci sono coloro che per natura sono portati ad assimilare il metodo scolastico e chi invece non lo digerisce perché il suo ritmo è fuori tempo col programma.
Sarà capitato a tutti avere compagni “asini” in classe che poi sono esplosi al ciclo successivo, hanno bruciato le tappe dell’università laureandosi a pieni voti. Hanno cambiato musica, perché è cambiata l’orchestra, perché è cambiato il maestro (di musica?).
Daniel Pennac, professore in pensione, ci delizia con la sua esperienza di vita prima e di insegnante poi. Nessuno meglio di lui può descrivere il punto di vista dell’asino, lui che asino lo è stato. E che poi ha incontrato i giusti “maestri” che gli hanno cambiato la vita, estraendolo dal dramma della solitudine in cui si cade quando non si capisce in mezzo a tanti che capiscono, per portarlo alla luce della conoscenza, attraverso il giusto metodo. Tanto da farlo diventare insegnante, con la missione di portare alla luce a sua volta i ragazzi che, come lui un tempo, sguazzano nell’asinitudine.
Inutile dire quale grande responsabilità investe i professori secondo Pennac. Vergogna ai professori che ritengono che con l’istruzione arrivi automaticamente l’educazione, vergogna ai professori che si aspettano che lo standard sia lo studente modello che si “adatta” all’ennesimo professore fino a raggiungere il risultato oggettivo richiesto, il voto buono!
E il professore che fa? Cosa dà il professore? Lascia fare tutto alle capacità dello studente?
Già…le capacità. Monito a tutti coloro che ricordano la scuola come offerta inesauribile di soddisfazioni. È merito proprio della scuola o delle virtù proprie? O meglio delle proprie capacità?
Libro consigliato a chi vive nel mondo dell’insegnamento. Per l’asino, perché se un asino (!) come Pennac è diventato professore, allora c’è speranza per tutti, bisogna coltivarla e, se la fortuna aiuta con il professore giusto, allora siamo a cavallo. Diversamente, mal comune mezzo gaudio: tutti, e sottolineo tutti, abbiamo avuto il professore cattivo. Coraggio! Coraggio richiesto ancor più oggi, nella società del consumo: ti abbiamo plasmato, mio caro cliente, sappiamo che hai dei bisogni, dei desideri che necessitano di appagamento. E noi, grandi, siamo qui per questo. E l’amore dei tuoi genitori, ma soprattutto il loro portafogli, è qui per questo. Peccato che l’istruzione libera è l’unica che non chiede una carta di credito in cambio, o comunque qualcosa, se non a te. Chiede solo che tu studi. Solo che tu fatichi, in una sana solitudine, con l’MP3 spento, a capire, a conoscere. Va male stavolta, eh? Benvenuto nel mondo dei grandi, sui banchi di scuola.
Per il bravo, per capire cosa si prova quando la fortuna (ecco che torna la fortuna) non ci ha sincronizzato col metodo impartito dai dirigenti, dall’autonomia, dal profitto (ma non stavamo parlando di scuola?). E per giustificare come mai i compagni, i colleghi di università più in gamba di te (e sì che erano più in gamba di te), prendevano voti inferiori ai tuoi.
Per l’insegnante, per capire l’apertura mentale che egli deve avere, perché non si riduca a dire “io non mi sono preparato per questo” (e per cosa ti sei preparato, per zombie che seguono le tue mosse come nel video Thriller di Michael Jackson?).
E per chi non ha a che fare con la scuola, per un tuffo nel passato, o per proiettare certe dinamiche scolastiche nel mondo del lavoro. Altrimenti le strisce di Dilbert vanno altrettanto bene.
Adesso la lavatrice dovrebbe aver finito.
7 aprile 2008
Christian Maria Firrone
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