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- La mia vecchia scuola -
"Ero abituata a sentire passi nei miei corridoi, abituata alle voci dei ragazzi all’inizio della giornata e alle corse per raggiungere la porta e, insieme, la libertà alla fine delle lezioni. Ero abituata a sentire i bisbiglii durante le ore di lezione, la nascita dei nuovi amori sussurrata all’orecchio dell’amica, scritta su bigliettini, incisa sui banchi. Ero abituata a sentire le lacrime degli amori finiti, le consolazioni delle amiche più care. Ero abituata alle voci dei professori, alcune più forti e rombanti, altre più esili, timide quasi. Ero abituata allo scorrere del sapere, a volte mal sopportato, a volte accolto con apertura. Quante prove per recite teatrali ho visto, quante opere nascere, quante canzoni ho sentito cantare? Quanti richiami, da una parte all’altra della classe, della palestra, del corridoio? Quanti ricordi sono stati lasciati qua dentro, a vagare come fantasmi? Quanti compiti, quanta ansia, quante interrogazioni, quanti voti sono stati comunicati tra le mie mura? Quante cose non ci sono più? È venuto il momento di dire addio a tutto questo. Addio quindi, addio” L’altro giorno sono passata davanti alla mia vecchia scuola con un mio amico… «Strano... non ti è sembrato di sentire un lamento?» «Sarà stato il vento»,
dico io, con un sorriso amaro sulle labbra e una lacrima ad inumidirmi
la
guancia.
Roberta Fain
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