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- L'amore -
Amore: una parola spesso indefinita o definita male. La fine di un amore non avviene se esso è granitico, trascinante, vincolante, trionfatore; tuttavia, se capita, penso vi siano tre motivi fra i tanti: pigrizia, appagamento, immaturità. La pigrizia. E' proprio vero che la conoscenza reciproca debba essere centellinata ad libitum? Certamente sì: un amore vissuto troppo in fretta non è tale. Se però non si considerano le giornate di fidanzamento come ipotetici anelli di una collana, l'amore non sussiste. Questo si verifica esclusivamente nelle storie adolescenziali, sulle quali tornerò. L'appagamento è vissuto da chi attende, per anni, "una storia che (prima) non c'era": magari riesce finalmente a viverla ma, sedutosi, si accontenta e non dà prove concrete d'amore. Credo sia difettaccio prettamente maschile. Quando si parla di immaturità in amore, al giorno d'oggi, non possiamo che riferirci alle generazioni che sono cresciute (crescono, cresceranno) sotto l'egida delle "folies" televisive: in pratica, a gran parte degli "under 40" attuali. L'era del fanciullino continuata fuori tempo massimo, riflessa in amore, non lo rende degno di questo nome; oltretutto c'è il rischio che, col tempo, i figli vengano considerati non successori, ma amici, compagnoni, o semplici affiancatori. Via, non è questo il modo, ed il momento. Immaturità è ovviamente anche lo spacciare doti personali inesistenti per effettive, o il sottacere le proprie magagne; pure qui ci troviamo di fronte a peculiarità maschili. Sostanzialmente, quindi, è quasi sempre colpa dell'uomo: cacciatore, conquistatore, macho... Ma anche terribilmente, sconsolatamente destinato a mitizzare con molta enfasi le cosiddette conquiste adolescenziali, che a torto o a ragione (chi scrive propende per il primo caso) vengono reputate le migliori. Sarà. E' tuttavia preferibile che le concezioni dell'età teenageriale rimangano circoscritte a quell'età, invece è abbastanza frequente, oggigiorno, ritrovarsi, per l'appunto, con padri che fanno i mariti ma non insegnano, per i quali il tempo si è fermato. Anche il matrimonio, seppur felice, viene vissuto (inconsciamente) come un prolungamento di quell'età ormai perduta, lontana nel tempo. Chissà perché, poi, quegli anni, per qualunque generazione, appaiono come gli ultimi di un'era: parrebbe che terminato quel quinquennio anche il mondo non sia più lo stesso, la società sia di colpo cambiata e destinata in modo irreversibile ad un baratro di cattiverie, più o meno vicine nel tempo. Alcune considerazioni su questa età dell'oro, vera o (come credo in effetti) presunta che sia. Già verso i 22 anni è probabile che comincino a sentirsi i "ti ricordi", rivedendo i vecchi compagni di liceo, alcuni forse consci di aver recitato una parte in quegli anni. E non c'è momento più tristanzuolo nella vita sociale di una persona che le cene coi reduci liceali (reduci, sì: ci sarà sempre una definizione eremitica) ad almeno sette anni dal termine delle medie superiori. Non tanto perché una ventina di persone si rivedono a distanza di tempo, avendo, in concreto, poco da dirsi (almeno uno parlerà del tempo atmosferico... Un altro citerà distrattamente il campionato di calcio: rimarrà deluso. Scoprirà che chi all'epoca seguiva quello sport, l'ha abbandonato col termine della scuola), quanto perché sarà chiaro, financo solare, che nel quinquennio dorato s'è recitata una parte. Un ruolo, tra l'altro, durevole solo per le ore mattiniere nelle aule; è sui mezzi pubblici che forse si potrebbe capire che i compagni di scuola altro sono rispetto ai ragazzi che seguono (più o meno con attenzione) le lezioni proposte da alcune persone (poco più grandi, a volte), non sempre serene, in cuor loro. In fondo anche il canovaccio del professore è una parte... La scuola: riproposizione moderna della commedia dell'arte. Come, come? Ho iniziato parlando dell'amore eppoi ho forse sproloquiato sul microcosmo scolastico? Allora è vero, nell'argomento si rimane: fuori tema.
Ottobre 2002 Matteo Cogorno
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