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Il Medioevo Russo -
storia "medievale" o mostro sovietico e comunista da aborrire?
Nel 1998 in Francia e nel 2000 in Italia presso Einaudi uscì un libro di Karl Ferdinand Werner intitolato in italiano Nascita della Nobiltà - Lo sviluppo delle élites politiche in Europa. E’ una ricerca sulle origini delle élites nobili d’Europa condotta per cinquant’anni a Parigi dove l’autore lavora quale presidente di un istituto di cultura. Ebbene questo lavoro è rimasto sconosciuto, obliterato dalla volontà dei “medievisti” italiani di non riconoscere la propria chiusura mentale rispetto ad un’Europa che è molto più grande di quella che immaginano continuando a considerare come sufficientemente “europea” la storia fittizia che viene insegnata a scuola e negli Istituti Universitari.
Prenderemo spunto giusto da questo libro (fondamentale per chi vuol conoscere meglio le nostre radici) per affrontare un altro argomento, anch’esso messo da parte con la stessa protervia: La storia delle origini “russe”.
Si sentono vaganti nell’aria alcune idee preconcette quando si conversa con coloro che si interessano di Medioevo. A parte la definizione fittizia di questo periodo storico che però può far comodo per attirare il lettore “colto” più ignaro, queste idee, a nostro avviso, limitano l’orizzonte di quella lontana epoca perché escludono perentoriamente alcune realtà che sono invece importanti e fondamentali per tutto il continente. In questa nostra conversazione vorremmo tentare di mettere a fuoco alcuni di questi preconcetti per vedere di smontarli o per lo meno di rimetterli nella giusta carreggiata, se così possiamo dire.
Innanzi tutto il Medioevo, magica perifrasi che significa Età di Mezzo apparsa durante l’Illuminismo francese, che cos’è? E’ un periodo quanto mai glorioso per le conquiste del pensiero e per quelle materiali che hanno portato l’Europa d’oggi a diventare il punto focale della civiltà in tutto il pianeta, sebbene abbia accumulato tantissimi errori politici e sociali e continui ad accumularne quando usa metodi imperialistici ereditati proprio dal suo Medioevo per mascherarsi da società innovatrice. Tuttavia, siccome non è questo il nostro argomento, lo lasciamo qui espresso così, in modo semplicistico e politicamente non schierato.
L’inizio del Medioevo è fissato per autorità dal saccheggio della città di Roma in Italia da parte dei Visigoti di Alarico nel 410 d.C. e con l’abdicazione dell’ultimo Imperatore Romano, sempre in Italia, Romolo Augustolo nel 476 e lo si chiude di solito con la caduta di Costantinopoli nel 1453 in mano ai Turchi di Maometto II il Conquistatore o addirittura con la scoperta dell’America da parte di Colombo nel 1492 o chissà con quale altro evento.
Questi sono in generale i limiti temporali fissati in Occidente. E’ chiaro che essi sono fittizi e ideologici e dunque da superare, ma, come abbiamo già detto, talvolta fanno comodo. Ciò non toglie che alla radice degli eventi che lo storico indaga e racconta, da una parte ci siano storie locali pregresse che non vanno assolutamente trascurate e dall’altra eventi che in qualche modo hanno influito su quelle storie e che neppure vanno semplicemente gettati via, ma cerniti indagati e apprezzati. D’altronde nella storia non esistono interruzioni improvvise in cui si possa passare da un periodo all’altro chiudendo una porta e aprendone una nuova e facendo del Medioevo un periodo da attraversare velocemente sotto una “guida tutta francese” o “tutta italiana”. Dobbiamo anche dire che la parte di storia che chiamiamo Medioevo appartiene a tutti i popoli europei senza escluderne neppure uno, specialmente quelli che si trovano al di là del Reno e dell’Elba, benché con malcelato disprezzo gli storici “nostrani” bollano ancor oggi quei popoli col nome di barbari.
Il Medioevo dunque deve tornare ad appartenere a tutti gli europei che oggi parlano diverse lingue ed abitano in regioni diverse del continente perché in qualsiasi caso sono essi, con noi, che si riconoscono a pieno titolo eredi di quel passato, senza alcuna discriminazione di superiorità o inferiorità e senza cesure temporali artificiose. Per ragioni geografiche fino alla scoperta dell’America al di là dell’invalicabile oceano e per ragioni ideologiche, presenza del Cristianesimo nelle sue varie confessioni insieme con l’Islam, questi europei oggi hanno come traguardo ideale e futuro un “tutto supernazionale” che serva all’umanità come esempio da imitare, proprio perché è costruito sui propri errori compiuti in un passato dal quale tutti provengono e devono conoscere.
Questa è l’“europeità” da contrapporre alle “non europeità” del resto della civiltà universale! È inutile e dannoso tuttavia, a nostro avviso, proporre l’europeità agli altri popoli “extraeuropei” come la migliore possibile e senza la necessaria umiltà che ognuno deve avere davanti alle catastrofi che ha provocato fino a questo momento. Una posizione diversa sarebbe anti-storica e verrebbe vissuta (già lo è in molte parti del mondo) con dolore. Anche qui però ci arrestiamo perché entriamo in un campo politico molto paludoso non consono con la nostra conversazione.
È già giusto dire che non staremo qui a fare la “metastoria” del Medioevo e, sebbene delle tre religioni monoteistiche di questa epoca se ne attribuisca la maternità esclusiva il Cristianesimo (intendiamo naturalmente non solo quella cattolica dominante in Occidente), in realtà il maggior “peso storico” di questa ideologia sarebbe minima senza l’apporto concreto delle altre due, Islam e Ebraismo. Le crociate, il colonialismo, la scienza esatta, la religione universale, il tempo scandito ritualmente, la lingua unica sono tutte utopie nate all’interno di queste tre religioni in Europa e, ancora oggi, attraverso le sue nazioni militarmente più potenti, tentano d’imporsi in tutto il mondo come verità assolute ed indiscutibili. A quale scopo? Non vogliamo essere retorici, ma ci sembra che tutto sia fatto dalle élites al potere per mettere in movimento quei flussi di ricchezza diretti verso se stesse, senza la quali non sussisterebbero nell’opulenza!
Si crede ancora da parte del lettore colto medio che il Medioevo sia un periodo oscuro da dimenticare, eppure, per quanto ci riguarda da studiosi di storia russa (Medioevo Russo è una definizione che odiamo), aggiungiamo che neanche la storiografia sovietica, approdata per prima alla nuova democrazia di concezione marxista-leninista, è riuscita a superare il Medioevo con il concetto di Feudalesimo dove quest’ultimo periodo è considerato intermedio proprio perché lo sfruttamento della “classe dominata” e dunque di passaggio all’era della liberazione comunista. Anche questo modo di vedere lo scorrere degli eventi umani ha provocato e giustificato il grande “scisma” fra storiografia “occidentale” e “orientale” che si trascina fino ai nostri giorni e che ha portato questa parte d’Europa, l’Occidente, ad ignorare la storia dell’altra, che erroneamente in Italia è chiamata Europa Orientale, sebbene poi si trovi al Nord.
È bene pure ribadire che l’evoluzione culturale umana è un processo lentissimo e senza fine o soluzioni di continuità. E’ bene pure ribadire che nell’esperienza storica esiste quasi sempre una causalità più o meno rigida e tutto quello che oggi conosciamo ha le sue radici comunque e dovunque nel passato, immediato o lontano. Ciò non vuol dire che non ci sia libertà di scelta sui propri eventi personali o collettivi che siano, ma che, quando ad un certo momento una scelta è fatta, l’evento che segue è il frutto di quella scelta e quindi se ne devono subire le conseguenze.
Oggi forse questi pregiudizi sono diventati in gran parte “più leggeri” storiograficamente, eppure nessuno storico italiano, per quanto ci risulta, ha finora cercato di spazzare il campo da questa paccottiglia ideologica, benché grandi ricerche e nuove messe-a-punto siano intervenute, in primo luogo per opera dei “medievisti” di cultura francese e tedesca. Insomma, secondo noi, è diventato urgente scrollarsi di dosso, oggi!, tutti i carichi inutili altrimenti gran parte della nostra Europa rimarrà sempre al di fuori del quadro! E allora diciamo la verità: fa comodo far sì che l’opinione pubblica nostrana, italiana, non s’accorga di essere entrata nella fase che l’ha portata alla subalternità culturale per cui, benché fieri di appartenere all’Europa, siamo trascinati dalla storia senza parteciparvi culturalmente e attivamente! E da dove cominciare?
Secondo noi, approfondendo le nostre conoscenze del Medioevo in modo da abolirlo!
Tuttavia neppure un atto clamoroso di quel genere basterebbe poiché, come qualsiasi mossa intellettuale innovativa e improvvisa, troverebbe resistenze enormi.
Portiamoci allora al di là delle Alpi e del Mediterraneo, prima. Vediamo che cosa c’è e si muove fuori dell’Italia e dell’Occidente e cerchiamo di farlo senza intermediari e pregiudizi. Purtroppo, se cercate nelle Università, nelle librerie o nelle biblioteche più fornite qualche elemento che vi faccia valicare il Reno o le Alpi, vi renderete conto che è una ricerca vana perché materiale di studio per il mondo slavo-russo che occupa la stragrande maggioranza del Grande Nord Europeo, non ne esiste o è scarsissimo!
Di chi la colpa? Dell’ideologia finora regnante nell’URSS? Delle cortine di ferro o di altro genere poste dall’autorità sovietica sulla propria produzione intellettuale? O perché l’Occidente si è sentito escluso e abbandonato dall’Oriente dopo l’ultima guerra mondiale?
Le ragioni sono molteplici e assai antiche. Sono di natura ideologica e religiosa, fatta di razzismo e di paura politica e non sono discutibili in questa sede, benché il motivo ultimo sia la scelta di abbandonare questo mondo a se stesso per aspettarne il collasso materiale e culturale, plaudendo non tanto alla svolta epocale di M. S. Gorbaciòv quanto invece allo sfascio che ne è seguito.
A volte ci viene il dubbio se veramente sia esistita una storia russa prima di Pietro il Grande o di Ivan il Terribile (e perché Ivan e non Giovanni?) e che invece la storia delle origini degli stati russi non sia che un’invenzione dei sacrileghi comunisti sovietici che abitavano il reaganista Regno del Male…
A noi è nato per davvero un tale dubbio benché sperassimo che fosse solo uno scherzo. Poi ci siamo accorti che la ragione più prosaica, ma vera e sacrosanta, è che il mondo accademico europeo ha escluso lo studio del russo, come lingua, dal proprio seno “pedagogico” per ragioni razziali e politiche e oggi non ha storici che conoscano questa lingua (o altre lingue dell’est) per accedere all’opera di validissimi storici pre-sovietici, sovietici e post-sovietici. Alla fine lasciare che la curiosità del pubblico più informato e gli studenti più entusiasti ignorassero la storia russa delle origini perché non importante (anzi dannosa) per gli eventi di questo Occidente, era più funzionale alla concezione “medievale” italiana e europea che non… studiare il russo! Con questo strano atteggiamento la storia “medievale” russa corre – ancora oggi – il rischio di rimanere al di là dei Carpazi o di essere completamente obliterata persino in patria, sotto l’influenza “accademica” di retrivi storici russi emigrati in Europa o in USA e di consiglieri editoriali nostrani! Tuttavia, e lo ripetiamo, rimane pur sempre l’ignoranza della lingua russa la ragione fondamentale per “giustificare” questa carenza in gran parte dei “loci academici”! Addirittura, gli slavisti sono stati costretti a diventare storici sfruttando l’occasione (peculiare) per cui la storia russa si può raccontare basandosi quasi interamente sulla lettura e sull’interpretazione delle sue numerosissime Cronache!
Da questa ambigua situazione è nata la nostra intenzione e i nostri sforzi di aprire una porta su questo nuovo mondo per cominciare a parlarne senza pregiudizi politici e senza trionfalismi di sapore come “lo sapevo io!”, ma con l’umiltà di gente interessata e curiosa e assolutamente non gelosa di quanto sa e che cerca di raccontare con un linguaggio semplice, rigoroso e immediato. Certo! Sappiamo bene che ci sono tante difficoltà in questo nostro agire, ma ormai sono anni che tentiamo di superarle, talvolta riuscendoci.
Per prima cosa se ci spostiamo qui, nella Terra Russa, la storia “medievale” non coincide più con l’età di mezzo sopra detta, ma è giusto l’inizio della storia con la leggendaria fondazione della Dinastia Rjurikide. Schematizzando in modo “medievale”, si può poi aggiungere che si chiude in pratica verso la fine del XVI sec.con l’estinzione di questa dinastia (manipolata dalla Chiesa Russa) quando il figlio di Giovanni IV detto il Terribile, morendo senza altri figli degni, passa la sua corona (rappresentata da una berretta preziosa conosciuta come la sciapka di Vladimiro Monomaco) a Boris Godunov, non rjurikide.
Ciò tenuto presente, vediamo di addentrarci meglio nell’argomento, dal principio.
Con il trionfo della formula statale costantiniana in cui il vescovo di Roma Nova (poi Costantinopoli) consacrava e legittimava la figura dell’Imperatore Romano e questi a sua volta proteggeva il vescovo e la sua santa organizzazione, l’Europa inizia la nuova storia in cui l’Impero Romano è dichiarato l’unico possibile nell’universo creato dal dio cristiano. Siccome il potere sugli altri uomini promana da Dio stesso, secondo leggi e disegni che solo Dio conosce e non svela agli uomini se non a volte ed anche in modo non sempre chiaro, ecco che il gerarca della Chiesa Cristiana unico intermediario fra Dio e il mondo è investito della facoltà di consacrare il capo del regno universale e cioè l’Imperatore. A questo sovrano terreno tutti si devono sottomettere e rendergli omaggio. Si possono ricevere da lui anche incarichi di comando e dignità diverse perché l’Imperatore è il padre e le persone che sceglie e alle quali demanda incarichi e concede poteri sono i suoi figli!
Sono questi i concetti e le situazioni che si riverseranno sull’élite di Kiev quando si avrà il battesimo più famoso d’Europa voluto da san Vladimiro nella Terra Russa verso la fine del X sec.! Quel battesimo non fu molto facile da ottenere da parte di Costantinopoli e nei documenti ci sono vari tentativi operati sui “russi” da un paio di Patriarchi, prima del 988 anno in cui il Cristianesimo fu proclamato religione di stato per tutti i residenti nelle Terre Russe. Niente di nuovo rispetto a quanto avveniva o era già avvenuto in Occidente con i Franchi, ad esempio! In altre parole l’Impero agiva nei casi di nuovi popoli che si affacciavano ai suoi confini sempre secondo esperienze pregresse, ma ben collaudate e che avevano dato buoni frutti.
Le ragioni che premevano su Costantinopoli ad avere come alleati Kiev e le città da essa dipendenti erano però alquanto diverse, rispetto a quelle che valevano per l’Occidente, e proprio su alcune di queste ragioni il Medioevo Russo ha un fondamento in più per non essere messo da parte.
Con l’avvento del Cristianesimo e lo spostamento dell’epicentro politico da Roma in Italia a Roma Nova sul Bosforo, l’Impero verso l’VIII sec. si trova a fronteggiare ad Occidente l’Islam che incalza per allargare la sua espansione dal Mediterraneo verso il continente guardando sia alla Sicilia che all’estrema punta occidentale che oggi è lo Stretto di Gibilterra, e ad Oriente i movimenti dei popoli slavi nei Balcani oltre alle offensive dei Sasanidi e dei Cazari fra il Caspio e il Mar Nero. È logico che le situazioni più urgenti per Roma Nova sono queste ultime visto che coinvolgono i territori più vicini e dunque è anche logico che in certo qual modo lasci più spazio in Occidente ai Franchi che si vanno sempre più consolidando, benché avanzino pretese sempre maggiori quali eredi, anch’essi, del potere romano decentrato. Probabilmente per colui che guarda fuori dal tempo, questo fu un errore che diede la possibilità al Papa di Roma di reclamare il posto di signore unico e assoluto non solo per l’Occidente, ma in seguito anche per il resto del mondo, inventando la cosiddetta Donazione di Costantino. Naturalmente il Patriarca romano-italiano dovette allearsi con le nuove forze di origine “barbara” e in particolare con i Franchi.
Non è qui il luogo per rifare tutta la storia del Soglio Pontificio e delle liti con il Patriarcato costantinopolitano, ma abbiamo riferito a brevissimi tratti quanto sopra per far capire quale fosse il ruolo che il Papa di Roma giocò per la creazione di un nuovo impero universale, affidato tuttavia a Carlomagno e non più all’Imperatore romano sul Bosforo.
Una società però ha bisogno di economia per vivere e sussistere e quindi, da una parte, ricerca le fonti di sussistenza fisica e materiale per avere continuamente cibo e riparo e, dall’altra, di mantenere la posizione della sua élite che agisce da comando e da guida con tutti i rituali che ne esaltino la natura legittima. Per questo ha bisogno di merci di lusso esclusive. Se in realtà il sistema economico c’è già e funziona da tempo, l’unico neo è la “sacralizzazione” dell’élite.
Occorre naturalmente che tutti i sudditi di un signore cristiano credano nelle stesso dio e così l’opera di “santificazione” dell’Europa, dei suoi abitanti e delle sue élites da parte dei più attivi monaci irlandesi s’intensifica, giungendo addirittura agli eccessi di Bonifacio, santo evangelizzatore del popolo germanico lungo il Reno. Costui per la sua origine celtica (era nato nel Devon) conoscendo i precedenti pagani della sua terra fece di tutto affinché la gente minuta, invece di preferire le feste stagionali alle messe nelle prime chiese che apparivano qui e là, si trasformasse in “lavoratori della terra” e si guadagnasse il pane col “sudore della fronte” secondo i dettami delle Scritture. In questa maniera poi venissero a messa per concludere la giornata e non saltassero nessuna delle celebrazioni delle feste comandate! Le misure prese da questo vescovo intorno al 752 rimasero famose perché non solo fece abbattere la quercia sacra del dio Donar presso Geismar in Assia, ma anche perché avvelenò le fonti d’acqua perenni usata per le libagioni pagane! Non era il solo in questa crociata contro la foresta di pianura: già san Martino di Tours (ungherese e protettore dei re franchi) aveva proceduto nello stesso modo qualche secolo prima e, dopo Bonifacio, persino Carlomagno si distinse in questo scempio e cioè nella distruzione sistematica della foresta.
Perché la foresta? Perché distruggere gli alberi e quello che la foresta ha e dà? Semplice! Il Cristianesimo, non avendo mai cancellato gli dèi pagani dal mondo, spiegava che essi esistono ancora, perché sono personificazioni del demonio! Questi dèi non scompaiono e continuano ad imperversare dal luogo dove sono stati esiliati da Dio al tempo della loro decadenza! Dante pone il Principe dei Diavoli negli Inferi addirittura al centro della Terra perché qui è il suo dominio, ma dove si nascondono i suoi diavoli quando vengono in superficie? Dove vivono? La risposta è ovvia: Nei templi pagani ossia nella foresta! Nei querceti, vista la spiritualità di questo albero, unica pianta senza morte! È nel folto degli alberi che si celebrano i riti pagani e perciò la distruzione degli alberi “europei” viene portata avanti con grande fervore e gioia per il trionfo di Dio!
Tutto questo viene predicato in lungo e in largo e ogni credente più minuto viene investito molto intimamente nella propria vita giornaliera poiché le riforme che vede messe in atto (non soltanto religiose, quindi!) agiscono soprattutto sugli usi e sui costumi e trasformano i consumi personali con i relativi flussi mercantili. L’ideale che la Chiesa assegna alla gente minuta è l’agricoltura e per i lavori agricoli occorrono campi sterminati che possono essere ottenuti soltanto sottraendo spazio alle fitte foreste che ancora esistono nel resto dell’Occidente, a parte quelle che erano state abbattute già nei secoli anteriori dall’Impero Romano in espansione. Indirettamente e forse senza volerlo Cristo fa il più grande danno possibile: Priva tutto l’Occidente della sua più importante risorsa di materie prime e costringe gli alberi, letteralmente, a rifugiarsi sulle montagne!
Diamoci uno sguardo intorno. Città, campagna, costruzioni, strade etc. In questo universo dove oggi viviamo risaltano le memorie del passato tanto da farci abitare in uno spazio dedicato solo ai morti e ai loro ricordi. I monumenti, gli antenati però sono importanti perché ci danno una misura della nostra civiltà e la ragione di essere come siamo. Spesso però guardiamo tutto questo nei resti di pietra naturale o di pietra fatta dall’uomo (i mattoni!) senza pensare che questi monumenti di solito sono “a giorno” cioè aperti, senza porte, senza pareti e senza tetto… proprio perché quelle parti di legno non si sono conservate! Se poi pensiamo a come si costruivano le cattedrali o le abbazie o le stesse abitazioni signorili, immaginiamo subito che pietre e mattoni erano collocati sul uno scheletro di legno che poi si distruggeva. Le gru, le impalcature, i soffitti… E gli arnesi? Salvo punte e lame di metallo, erano tutti di legno! E le armi? Ugualmente! Se immaginiamo per un solo momento un esercito di una decina di migliaia di fantaccini con picche, ecco che possiamo subito fare un conto di quanto alberi erano stati tirati giù per farne le aste! E quanto legno occorreva per fondere metalli o cuocere mattoni? E per riscaldarsi? E per costruire le navi in mare o sui fiumi? E quando si cominciò a produrre sale come conservante degli alimenti bollendo l’acqua salata? E le abitazioni dei contadini?
E dove si trova il legno e dove lo si può scegliere per qualità e consistenza ? Nella foresta…
Qualche numero, che dobbiamo al ricercatore tedesco H. Kühnel, ci dà un’idea dei consumi immani di legno nel XIII-XIV sec.: Per fondere 10 kg di vetro ne occorrevano 2 metri cubi mentre per fucinare del metallo se ne consumava fino a 15 quintali…
Tuttavia la foresta non fornisce solo legno, ma tutta una serie di prodotti che durante l’epoca di cui ci occupiamo costituivano la base della vita delle comunità e delle loro élites “sacralizzate” dal Cristianesimo. Potremmo cominciare elencando i prodotti selvatici come funghi, bacche o insalate. Potremmo continuare dicendo che la foresta era il luogo dove il piccolo bestiame andava a pascolare esimendo il contadino dal dover coltivare il foraggio, insieme ai cereali.
È bene però soffermarsi un po’ di più profonda sugli articoli che si commerciavano poiché erano quasi tutti prodotti foresticoli e non sono sempre quelli che oggi potremmo immaginarci.
Vediamo un po’. Per il consumo della gente semplice si può dire che quanto essa stessa produceva col suo lavoro era sufficiente a coprire la domanda e, siccome la parte più importante dei prodotti di consumo erano il cibo e i panni e tutto questo era prodotto in casa, direttamente o indirettamente le materie prime provenivano dalla foresta. Ecco che la deforestazione continuata dovette creare molti problemi, come sappiamo dalle frequenti rivolte del mondo contadino e dalle carestie numerose.
A questo punto è bene adottare la classifica in tre ordines o strati sociali fatta dal vescovo di Laon nell’XI sec. dei cristiani residenti nell’Impero Franco, per capirci meglio, e cioè la divisione della società soggetta al re in Coloro che governano, Coloro che pregano e Coloro che lavorano.
Le èlites per eccellenza comprendono naturalmente il re, l’imperatore, gli uomini di corte e la cosiddetta nobiltà che appartengono tutti al primo ordo. Quelli che pregano, il secondo ordo, sono tutti i membri della chiesa i quali vertici, guarda caso!, sono nobili essi stessi perché parenti stretti o lontani di re e di imperatori. Infine c’è la grande massa che Dio ha destinato al lavoro per mantenere in vita gli altri due ordines.
Per farla breve fra riti e feste cristiane, fra banchetti e ricevimenti di ospiti di riguardo, fra necessità di mantenere castelli e arredamenti lussuosi, fra le spese per la guerra e per la difesa e tantissime altre cose costosissime che qui sorvoliamo, la Chiesa e le Corti erano costrette a spendere enormi somme per il decoro della propria posizione sociale…
È comunque importante nominare qui qualche prodotto foresticolo di altissimo valore aggiunto, magari indicandone gli usi e perciò l’indispensabilità, affinché la nostra conversazione risulti più chiara.
- Gli schiavi. Sebbene la religione cristiana indicasse l’eguaglianza di tutti gli uomini di fronte a Dio, gli schiavi giovani continuarono ad essere acquistati in tutte le corti cristiane per i lavori più pesanti o per il divertimento più ricercato e lo stesso palazzo del Laterano, sede antica del Papa di Roma, e poi Avignone, contavano schiavi a migliaia. Anche per la corte sul Bosforo era la stessa cosa come lo era per le corti franche. E questi schiavi, forse per costume o per necessità particolare, provenivano dalla foresta russa, figli e figlie i contadini, i quali quando le bocche da sfamare erano troppe per la terra che coltivavano preferivano agli stenti di tutti, la vendita dei ragazzi più belli. Le corti musulmane naturalmente erano quelle che ne compravano di più. E’ stupido però guardare con occhio negativo a questo commercio perché in realtà i giovani schiavi erano trattati bene proprio perché costavano tanto e dovevano essere sempre in forze.
- Le pellicce pregiate. Queste servivano soprattutto a distinguere il ricco dal povero, il potente dal soggetto. Erano pellicce di zibellino, di martora, di vaio e di tanti altri animaletti della foresta apprezzati ancora oggi che orlavano abiti e cappelli, guanti e scarpe e costavano davvero un occhio del testa. Un re, un signore, un vescovo non potevano rinunciarvi per nessuna ragione al mondo!
- Il miele. Solo sulle tavole dei signori si servivano dolci fatti con il miele e in generale questo prodotto delle api era il dolcificante esclusivo per vari piatti, salvo che però pochissimi potevano procurarsene a causa dell’altissimo prezzo. E non solo per i dolci! Il miele si usava anche per farne bevande inebrianti, oggi ormai passate di moda, come il famoso idromele.
- La cera. Di questo prodotto, che naturalmente prevedeva il sacrificio dei favi melliferi, se ne consumavano enormi quantità. Anch’essa costava molto perché doveva essere ben pulita e libera da corpi estranei. L’uso era per farne candele. Mentre il contadino si accontentava di lampade dove bruciava sego, l’élite chiedeva e consumava milioni di candele, specialmente infisse su candelabri quando si doveva illuminare una chiesa per le cerimonie d’uso. Oltre che per le candele, in seguito la cera si consumò sempre di più per gli oggetti fatti di bronzo in modelli di argilla col metodo detto “a cera persa”.
- La pece. Questo prodotto era importantissimo per quelle corti che gestivano flotte e flottiglie e cioè per quasi tutte le corti europee, dato che si viaggiava anche lungo i fiumi e che le barche richiedevano la calafatura proprio con la pece.
Lasciamo naturalmente da parte tutto una serie di erbe medicinali e di prodotti secchi che la foresta pure forniva oppure il pesce e la selvaggina, quest’ultima di consumo esclusivo dell’élite.
A questo punto con quel che abbiamo detto finora ci permettiamo di fissare un’equazione, molto grave per le responsabilità storiche da attribuire al Cristianesimo di Roma: Dove non arrivò il Papa Romano, si conservò più a lungo la foresta!
Per non essere tacciati di partito preso però dobbiamo aggiungere che i consumi “forestali” non erano diversi o diminuiti nel resto dell’Impero Romano ad Oriente e cioè sul Bosforo e aree viciniori, ma la politica della Chiesa Ortodossa fu molto meno arbitraria di quella della Chiesa Romana lasciando che i popoli nuovi man mano catechizzati gestissero la propria economia senza inutili interferenze religiose. In questo modo nella Rus’ di Kiev, una volta battezzata, la Chiesa lasciò che il principe gestisse il tutto politico pretendendo però l’annuale decima senza eccezioni.
Addirittura, un esempio per noi incisivo perché riguarda la storia russa delle origini è quello di Jogaila, principe lituano e cugino del Gran Principe di Mosca, il quale dopo aver abbandonato l’Ortodossia nel cui segno era stato già battezzato ed esser passato al Cattolicesimo Romano, si adoperò per distruggere i luoghi pagani che i Lituani conservavano ancora nei querceti della grande foresta russa, ma stando anche attento che non si devastasse “quella miniera” rendendosi ben conto dell’importanza economico-strategica delle aree forestate. Successivamente pose la “sua” foresta sotto personale protezione per poter andarvi a cacciare a suo piacere. E Jogaila non è altri che Ladislao Jagellone, re polacco di Cracovia e Granduca della Lituania, e la foresta di cui si parla è sempre la foresta polacco-bielorussa del Grande Nord!
E qui non si può non chiedersi: Ma come, le Terre Russe erano le maggiori fornitrici di materie prime e di articoli di lusso per le corti occidentali e nessuno ne parla? Perché mai? I documenti ci sono e sono disponibili da sempre…
Leggiamo ad esempio E. Perroy nel suo Il Medioevo, L’Espansione dell’Oriente e la Nascita della Civiltà Occidentale. L’autore nota benissimo questo traffico del nord Europa intorno al XII sec. quando vede i risultati del famoso Drang nach Osten degli Ottoni a partire da Magonza, ma poi non sottolinea l’importanza della foresta nell’economia e nei commerci col nord. Insomma si parla come se non si sapesse bene che cosa si commerciasse in questi traffici! Al contrario C. Goehrke nel suo studio La vita d’ogni giorno nella Russia Antica evidenzia immediatamente l’importanza di avere a disposizione una foresta da sfruttare. Altrettanto fa lo storico R. Bechmann nel suo La Foresta nel Medioevo o l’eccellente F. Hageneder nel suo Geist der Bäume ossia Lo Spirito degli Alberi e, last but not least, Marc Bloch.
Non andremo oltre nel nominare altri autori sull’argomento e diremo che il famosissimo Le Goff trascura sic et simpliciter l’importanza della foresta nordica nello sviluppo della Civiltà Occidentale e questo, a nostro avviso, concorre a costruire un modo assolutamente sbagliato di guardare al commercio medievale mettendo in ombra l’importanza storica e politica del Grande Nord. Si parla di fiere, di mercati dove si commercia vino, grano, e soprattutto panni! Non è così! I Veneziani e i Genovesi che avevano le loro basi nel Mar Nero o l’Hansa che aveva i suoi uffici a Novgorod, a Polozk, a Smolensk e a Pskov nelle Terre Russe erano là perché commerciavano ben altro e di molto più gran valore che panni e alimentari!
Non ci sono rimaste moltissime documentazioni dirette su questi flussi di materie prime e prodotti semifiniti, sebbene è possibile dagli studi fatti (ne parlano M. Lombard, J. Favier, ma anche B. Lewis e specialmente B. Schechter che nel secolo scorso ha catalogato con certosina pazienza tutte le carte della Genizà della Sinagoga del Cairo) dedurre che il grande commercio, quello cioè che trattava merci di altissimo valore e che quindi aveva come clienti le corti e i signori che potevano pagare delle grosse somme, era gestito dagli ebrei chiamati rahdaniti che disponevano di un’organizzazione logistica affidabile lungo itinerari molto lunghi per il Mar Mediterraneo (ma anche via terra attraverso la Turingia). Gli ebrei rahdaniti arrivavano infatti a Baghdad e in Cina e portarono a Costantinopoli l’industria della seta (e non i leggendari monaci con i bachi da seta nascosti nel bastone da viaggio, per carità!) e la coltivazione del riso sulle rive del Caspio… ma, come era costume, non svelavano facilmente le loro rotte e i loro contatti e magari li mascheravano dietro favole e mostri! A causa di ciò è probabile che costoro diffondessero le grandissime difficoltà di raggiungere le Terre Russe e di fare affari con gli Slavi lasciandoci poco informati sulla loro realtà storica durante il periodo medievale. Ignoranza conservatasi a lungo, se possiamo esagerare nel ricordare che ancora nel XVI sec. l’autore svedese della Storia dei Popoli del Nord, Olao Magno, ignorava l’ubicazione di Novgorod-la-Grande!
Comunque sia, dai “posti di produzione” (le Terre Russe del nord, specialmente) le merci viaggiavano fino al Mar Nero e di qui fino a Roma, ad Aquisgrana, a Cordoba e in altre città cortesi con gran soddisfazione dei clienti e grandi ricavi per i mediatori rahdaniti. Abbiamo ricordato Cordoba intenzionalmente perché un altro stereotipo che conserviamo è che l’Occidente Europeo fosse soltanto cristiano, mentre questo non è vero visto che la Spagna era quasi tutta musulmana (fino al Perpignano e a Marsiglia) e Cordoba giunse all’apogeo nel X sec. con Abd ur-Rahman III! Anche la Sicilia era arabo-musulmana e importatrice di schiavi russi…
Pellicce, miele, cera, schiavi: tutta roba di provenienza foresticola e tutta fornita dal Grande Nord come ci ricordano gli autori musulmani che conoscevano meglio le Terre Russe.
A parte questo, un altro stereotipo è che gli Slavi orientali avessero una cultura arretrata e inferiore al resto dell’Europa e che, a causa di ciò, è inutile interessarsi troppo della loro storia. E questo è uno di quegli stereotipi strani che già qualche esempio basterà a dissipare.
Kiev nel 1037 inaugura la seconda più grande cattedrale cristiana d’Europa (v. H. Dittmar in La Lotta delle Cattedrali, Politica, Potere e Costruzione di Chiese in Lotta fra Est e Ovest oppure Massimiliano Mandel in Storia dell’Arte Bizantina e Russa)!
Novgorod-la-Grande, oggi capoluogo di provincia e cittadina di secondo ordine rispetto alla vicina San Pietroburgo, fino al XV sec. era la città più grande del Nord Europa e la più antica repubblica europea. La città era la più colta e più alfabetizzata dell’Europa del Nord. Non sono affermazioni gratuite, ma documentate. Negli scavi condotti da Arzihovskii e Janin dal 1951 nella sola Novgorod sono state ritrovate oltre mille… berjòsty! Queste sono comunicazioni scritte su scorza di betulla che ormai tutte le lette e tradotte dicono chiaramente come qui tutti sapevano scrivere e leggere, dal nobile ricco fino all’artigiano di strada!
E possiamo dimenticare che i monaci del Monastero della Trinità (oggi sede del Patriarcato di tutta la Russia nella cittadina di Sergeev Posad non lontano da Mosca) andarono ad alfabetizzare i finnici del nord inventando persino un alfabeto per i Zirieni nel XIV sec.?
Che ne dite? Non è una bella prova di cultura delle Terre Russe?
Ed ancora un’altra notizia. Nel primo Medioevo nell’Anticaucaso esisteva un Impero famoso e potente: l’Impero Cazaro! Aveva la sua capitale a Itil sul Volga (quella città non è stata ancora ritrovata per cause geografiche e naturali, ma un’altra, Sarkel, altrettanto famosa e costruita dai Bizantini, sì!), professava la religione ebraica e dominava il Mar Nero fino sotto Kiev in concorrenza con Costantinopoli. L’Impero Romano cercò ripetutamente non solo di convertire l’élite al potere al Cristianesimo, ma persino di allearla alla casata imperiale. Costantino V detto il Nasotagliato sposò una principessa cazara di nome Cicek (in turco fiore) ed ebbe come figlio e successore Leone IV detto il Cazaro perché usava nelle cerimonie più importanti indossare un mantello che gli aveva confezionato sua madre secondo l’arte cazara chiamato appunto il Mantello di Cicek ossia in greco Tzitzakion (i greci non sapevano pronunciare la ”c” e la sostituivano con il digramma “tz”). Ebbene questo Impero che fa parte della storia russa delle origini in quanto da esso vennero le prime indicazioni a san Vladimiro di Kiev su come costruire uno stato che funzionasse è completamente ignorato!
In un libro scritto da un certo Robert Marshall edito da Neri Pozza qualche anno fa col titolo Tempesta dall’Est, l’autore ringrazia tutta una serie di esperti accademici che hanno rivisto il testo del suo libro diretto al grande pubblico che parla dell’invasione dei Mongoli in Europa ed ecco che cosa leggiamo nelle prime pagine: “…dei Mongoli. … il 24 marzo 1241, la Domenica delle Palme, la città (Cracovia) venne saccheggiata e incendiata. Per il resto dell’Europa la notizia del saccheggio di Cracovia apparve come un terribile presagio etc. etc….” Ma come? Quasi una decina di storici e esperti hanno riveduto il testo e nessuno s’è accorto d’aver dimenticato l’avvenimento che aveva scosso l’Europa e il Papato tempo prima e che, questo sì!, aveva aperto la strada oltre i Carpazi per giungere a Cracovia!! Il 6 dicembre 1240 infatti era caduta sotto i colpi dei Mongoli una città molto più importante di Cracovia e molto più nota: Kiev! Qualche anno dopo di qui vi passerà persino il legato del Papa Giovanni del Piano Carpini a constatare tristemente i danni lasciati dal saccheggio! Che dire? Si rimane allibiti da queste “chiusure mentali” anche perché il ruolo della Rus’ di Kiev nel contenere l’espansione mongola è assolutamente fondamentale per capire la storia d’Europa…
Un altro punto sono le Crociate e i Cavalieri. C’è in circolazione un numero sempre maggiore di libri sui Cavalieri, sui Templari, sulle Crociate. In questi libri di divulgazione, ma scritti anche da storici peraltro sedicenti informati, le crociate si fanno soltanto in Medio Oriente e giunte alla Nona con la perdita di San Giovanni d’Acri nel 1291… finiscono! Purtroppo, così facendo, si cancella dalla memoria storica europea la Crociata più importante: Quella dei Cavalieri Teutonici iniziata intorno al 1226 con l’appoggio di Federico II e finita praticamente con la Battaglia di Tannenberg Grunwald del 1410! Contro chi? Contro Prussiani e Lituani considerati gli ultimi pagani d’Europa e soprattutto contro i principi “eretici” delle Terre Russe! Eppure i Teutonici furono e rimasero un fattore importantissimo per il Baltico. Introdussero la “pianificazione industriale” del territorio, diffusero la segale al posto del frumento difficile da coltivare in certi climi, introdussero i tribunali popolari, il primo diritto cittadino rispetto alla campagna, un nuovo concetto di sovrano assoluto etc.! Ma chi ne parla? Cercate pure…
E chi ha sentito parlare di Alessandro Nevskii? Eppure il Papa Innocenzo IV da Lione gli scrive una lunghissima lettera nel 1248 affinché abbandoni la sua fede ortodossa e riconosca la soggezione della Chiesa Russa al Papa di Roma: Risolverà molti problemi coi Cavalieri Teutonici e Livonici, facendo ciò!
Il ruolo della donna nel Medioevo è poi un altro grosso neo di ignoranza. Chi ha mai sentito parlare di Olga di Kiev o di Eufrosina di Polozk o di Marta Borezkaja? Forse nessuno dei nostri lettori! Eppure sono figure di donne russe che furono importanti per la storia. Forse si dirà che sono cose note solo a chi studia questo argomento specifico. Se però accettiamo questa osservazione (peraltro fatta da editori italiani abbastanza qualificati in campo storico) allora come mai nessuno ricorda che la casata dei Capetingi ha come capostipite la bellissima Anna di Kiev? E’ la madre di Filippo I (e lei, da buona ortodossa, introduce fra i nomi germanici dei re di Francia un nome biblico e greco: Filippo). E’ lei che educa il figlio secondo la magia medica slava e diffonde la fama guaritrice dell’imposizione delle mani da parte del re. Da questa educazione scaturirà la cerimonia rimasta famosa in cui nei giorni prescritti Filippo I aspetta la fila dei sofferenti sui quali impone le mani per guarirli dalla… scrofola!
E, a proposito di donne, parliamo di streghe e affermiamo che in tutta l’Europa sono state condannate e perseguitate. Non è così! Qui nelle Terre Russe le streghe non furono mai trattate in malo modo. Anzi, erano apprezzate come ”le donne che sanno” ed erano le uniche medichesse a disposizione nei villaggi russi! Perseguitarle avrebbe causato una rivolta massiccia contro la Chiesa Russa. D’altronde sono esse le fondatrici (ignorate) dell’omeopatia e della farmacognosia…
Quando poi si sente parlare di Vichinghi, di Vichinghi dell’Est, di Variaghi e di Rus’ è una confusione unica, ma non perché ognuno la racconti a modo proprio, ma perché si evidenzia subito che l’argomento in sé è sconosciuto e si confondono popoli con bande, atteggiamenti moderni con quelli di mille anni fa, tecniche con condizioni geografiche e climatiche per giungere a conclusioni inaudite: i Vichinghi hanno scoperto le Terre Russe! Su questo argomento però rimandiamo all’articolo Dedicato ai Variaghi pubblicato nella sezione “Storie e culture di popoli”, precisamente alla pagina http://www.associazionemicene.it/movimenti/miti/storie/variaghi.htm.
In questi ultimi tempi è uscito il nostro ultimo libro, Vita di Smierd, nel quale siamo riusciti a ricostruire tantissimo del mondo slavo-orientale che oggi si conserva ancora nelle usanze e nei costumi, non solo culinari, dei contadini russi, lituani, estoni e delle genti delle steppe ucraine. Qual era il fine di pubblicare un simile lavoro? Semplicemente perché il patrimonio folcloristico russo è il più ricco d’Europa!
Chiediamo a chi ci legge: Sapete niente sul pantheon salvo e slavo-orientale in particolare? E infine su San Nicola? Chi sa che questo santo famosissimo ormai in tutta l’America del Nord e in tutto il mondo anglosassone per opera, a quanto sembra, della pubblicità della Coca Cola è il santo più popolare russo? Le icone più famose e più sacre sono dedicate a lui. Chi può immaginare che Babbo Natale non è altro che lui? E Santy Claus (da Saint Nicolaus) non è altro che il nomignolo che gli danno i newyorchesi nel loro dialetto forse non sapendo che l’uso di dare dolci ai bimbi buoni e cenere a quelli cattivi è nato proprio a Novgorod-la-Grande quando si celebravano le due feste del santo, quella di Nicola il Caldo e quella di Nicola il Freddo! Nella repubblica del nord c’era una chiesa proprio nella Piazza del Mercato. Sicuramente sanno di questo legame continuo e mai reciso fra San Nicola e la Russia i baresi quando vedono la scritta in russo sulla statua del santo che si trova sul sagrato della Basilica a lui dedicata…
In questi ultimi tempi ci siamo anche occupati di un'altra figura medievale per vedere se c’è il corrispondente nella storia delle origini russe: il Cavaliere! La ricerca è stata dura, ma il risultato è che tale figura non esiste come in Occidente, ma sotto forme diverse molto originali.
E qui chiudiamo con un grosso dubbio: Ci siamo sempre domandati come mai si possa arrivare una situazione del genere! Una risposta soddisfacente non si riesce a trovarla, se non in quella molto degradante per l’Italia e per il suo mondo accademico in cui, per ragioni politiche e di incertezza linguistica di accedere alle fonti storiche originali, è meglio che la gente ignori una parte di storia europea! All’impossibilità personale degli storici nostrani di accedere alle fonti si aggrega tranquillamente l’editoria italiana di grido (e quindi diretta ad un ampio pubblico curioso), a partire da Mondadori e a finire con Laterza, la quale finora non ha pubblicato alcunché sul cosiddetto Medioevo Russo!
febbraio 2007
Aldo C. Marturano
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