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- L'ultimo del Paradiso -

di e con Roberto Benigni - 23 dicembre 2002 Rai1

 

E' paradossale, forse, ma in televisione un programma che voglia discettare di poesia può essere meno lirico d'una pellicola di Bunuel, di un documentario del "National Geographics" o di un reportage sull'Africa più profonda, solitaria nel suo dolore.
Questo è un po' il caso dello spettacolo di Roberto Benigni. L'attore e regista si è impegnato a spiegare al solitamente assopito pubblico TV di prima serata la bellezza della poesia, soffermandosi in particolare sul canto dantesco che quasi mai, al liceo, si legge e commenta, l'ultimo della "Commedia": questo suo tentativo è il merito principale dell'artista toscano. E pensare che, in un certo senso, Dante non è l'autore del sommo poema: il vate si "limitò" a vergare ciò che l'ispirazione, vera scrittrice del poema, autentica musa insieme con Beatrice, gli dettava, anche "com altrui piacque".
Ci ha pensato un comico-giullare a sdoganare Dante (una notizia informa che le vendite della "Commedia" si sono impennate, dopo la performance di Benigni), impresa nella quale fallirono generazioni di divulgatori, di professori, di semplici appassionati, di esteti.
Un Benigni più compito, meno ammiccante, sarebbe stato preferibile, senza, per altro, perdere la sana gioia di vivere che, contraddistinguendolo, mai lo potrà rendere inviso al pubblico, al grande pubblico.
Ecco, questo è il punto: il rischio (non lo auguriamo, ma pare vicinissimo ad accadere) è che Benigni, divenendo troppo popolare, sia automaticamente immune, ad futuram, da critiche ed osservazioni negative in quanto tale: un padre nobile da non discutere anche quando, come in questo caso, non si è discostato molto da un suo corregionale non sempre di spessore, come Giorgio Panariello. Così continuando, insomma, il regista de "Il mostro" potrebbe essere oggetto d'una riproposizione del salutare grido fantozziano contro la corazzata.
Qui urge una riflessione da scrivente. E' possibile che un comico come lui si sia immedesimato a tal punto nel burattino ideato da Carlo Lorenzini detto Collodi? Che sia divenuto legnoso ed un tantino ripetitivo nelle sue battute? Ormai, va detto, il questionare e ridere-scherzare sugli attributi umani non fa ridere moltissimo, anzi; non strappa neppure una risata a denti stretti come sulla Settimana Enigmistica. Non può che annoiare, inoltre, una dissertazione ridanciana sui calendari patinati femminili: ci vorrebbero altre considerazioni, ben più mordaci, pressanti, volte a dimostrare che il re è nudo (e mi si passi il gioco di parole). Intesi, non vogliamo un Benigni dalla battuta "sanguinaria", come Grillo, per intenderci; alla Chiari, alla Panelli sì, esempi a tutt'oggi insuperati.
La caricatura dei politici, poi, è addirittura superata. In questo senso il comico aretino dimostra di essere l'alter ego nientemeno che di Forattini, con la variante, appunto, che il disegnatore romano fa parlare. Un "castigat ridendo mores", insomma, altro che le battute fintemente provocatorie verso, per esempio, il capo del governo attuale. Benigni, forse, comincia a dare dimostrazione che è vero, dopo i 35 anni (in casi illuminati può passare altro tempo) la creatività umana comincia a dare segni di cedimento, quei "cri cri" che tanto devono essere cari al nostro. Tornando alle battute, fa quasi irritare il suo continuo uso del "si scherza..." riferito al personaggio preso in giro: no, caro Roberto, qui non ci siamo. Tutti sanno (o dovrebbero sapere) che chi usa queste parole dopo una battuta, più o meno greve, non scherza affatto, usa un comportamento sguaiato, al limite del branchismo. Eppoi Cofferati dipinto come "guardone" di calendari, via... dovessimo prendere alla lettera queste parole su chi guidò per 8 anni la Cgil potremmo pensare provengano da certi telegiornali non pubblici.
Caro Benigni, sei stato, per anni, un grande protagonista dello spettacolo italiano.
Probabilmente ora mostri un po' la stanchezza accumulata negli ultimi 6 anni, da "La vita è bella" in avanti. Perché non ti prendi una bella vacanza sul meraviglioso Appennino tosco-romoagnolo donde Nicoletta discende? Sia chiaro, non è un'intimazione all'esilio: anche Morandi (Giorgio, non Gianni che hai abbondantemente citato in TV) amava ritemprarsi sulle colline del Santerno e dintorni, e dopo un certo periodo, ne usciva coi capolavori paesaggistici di Grizzana. Più pane e meno mollica, questo è il concetto.

 

25 dicembre 2002

 

Matteo Cogorno

 

   
     

 

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