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- Pappativvù -
Recentemente,
in seguito ad un sondaggio, la tivvù italiana è risultata
di pessima qualità. I primi ad accanirsi sono stati gli inglesi.
Sostanzialmente appare difficile biasimarli. Il palinsesto italiano fa
schifo, o meglio, volendo esser proprio ottimisti, è solo programmato
male. Manca un’assoluta organizzazione, soprattutto perché ognuno
vola ad ingrassare i propri maiali con la corsa allo share, sovente con
scene tragicomiche. Dopo il provocatorio mutandone di Morandi, si sprecano
i format-clone comprati dall’estero, sottovalutando la capacità creativa
del popolo italiano. Con l’affermazione del monopolio mediatico
attuato recentemente, speravo in un miglioramento. Infatti visto che
la tivvù di Stato non deve più competere con quella privata
(…mi venga scusata l’acida ironia…) perché non
ce ne sarebbe motivo, speravo in una riorganizzazione. I programmi culturali
e di interesse artistico o sociale vengono ancora passati nelle ore più infauste,
a patto che vengano passati, imponendosi di tener testa gloriosamente
solo agli spot dei sexy-shop! Quei programmi pseudo-culturali, come “La
macchina del tempo” e “Stargate – linea di confine”,
seppur interessanti, vengono spesso condotti da “facce da dottorino”,
che vincono ma non convincono, e sono come un bel tortellone emiliano
senza ripieno e soprattutto senza l’accompagnamento di un buon
bicchiere di lambrusco. Quindi è inevitabile abbandonarsi senza
troppi rammarico a tette e culi. A parte l’ironia spicciola, appare
palese che la televisione sia troppo vacua e ripetitiva, poche le produzioni
degne di nota. Però non vedo cosa si possa fare, visto che allo
spettatore tanto piace lo show all’italiana in prima serata, e
fior fiori di giornalisti come Maurizio Costanzo ci ripropongono costantemente
questi “tour de force” domenicali. Bazar caotici che mettono
in vendita pezzi d’antiquariato e ombre redivive, resuscitate così,
senza motivo alcuno. Legate pietosamente al pappone da un rapporto fortemente
clientelare. Il mondo dello spettacolo può anche funzionare così,
ma pensavo esistesse ancora un po’ di pudore nel mostrare il meccanismo.
Programmi che tentano ancora di far passare Hitler per un pazzo, quando
invece egli era crudelmente lucidissimo e attuava i suoi progetti con
programmatica meticolosità, fanno ridere i polli, riportando solo
alcuni documenti storici e tralasciandone altri, insistendo sempre tanto,
anzi tantissimo, sui gossip privati, sulle morbose intimità. La
tivvù è tristemente di parte e strumentalizzata non solo
politicamente, e la mia rassegnazione è posta nel fatto che essa
non fa altro che trasmettere ciò che più viene guardato.
Se l’italiano cominciasse a sentirsi offeso quando vengono passati
programmi e telenovelas per lobotomizzati, allora forse qualcosa comincerebbe
a muoversi. Per carità, è giusto che ci siano anche le
soap-opera e i polpettoni domenicali, ma è importante che non
vadano ad occupare gli spazi vitali per chi avrebbe piacere di vedere
qualcosa di diverso. Ma gli attori capaci, e sfortunatamente non famosi,
che guardano le telenovelas, non si sentono insultati nel profondo quando
ci sono sullo schermo degli incapaci che recitano?!? E’ un’onta
alla classe degli artisti. La cattiva qualità della televisione è quindi
indiscutibile. Non entro troppo nel merito delle procaci scollature e
delle belle forme in vista, anche se potrebbero avere tranquillamente
delle forti implicazioni sulle menti degli spettatori, più o meno
giovani e di qualunque sesso. Mettetevi per esempio nei panni di una
paciosa adolescente brufolosa, alla quale vengono offerte costantemente
immagini di filiformi teen-agers, ammiccanti, vestite di piccole toppe
griffate. La tivvù, proprio per la grande facilità di entrare
nelle case, dovrebbe avere anche un ruolo più educativo e coscienzioso:
la realtà non è patinata e tutt’altro che luccicante
di lustrini. Non è corretto regalare gratuitamente delle illusioni.
Ma come per l‘arte, è il germe del denaro e le macine del
mercato che schiacciano i buoni propositi. E permettetemi di concludere
con la libera offerta che ogni anno facciamo alla tivvù di Stato:
il canone. Se si percepiscono già dei soldi dal consumatore, sono
proprio necessari gli spot? Ah… dimenticavo, forse non bastano
per mantenere i ricchi premi e cotillons, dei super-premi di alcuni programmi,
inutile sperpero di denaro. Ma continuiamo a regalare illusioni. E cosa
dire della qualità? Nulla, già dato. Fatevi due calcoli
su quanto può percepire la Rai dagli italiani che pagano. E siccome
tutti gli anni siamo così gioiosi di pagare questa retta da non
potercela proprio dimenticare, facciamoci su anche una bella pubblicità (…peraltro
di scarsissima qualità…). E poi suvvia, cerchiamo almeno
di mantenere una certa dignità. Mi riferisco al settimanale “Terra” di
Canale5, che ha pagato vitto e alloggio ad un giornalista per spiare
i programmi quotidiani inglesi. Finiamola di dire «Da che pulpito,
senti chi parla…lo fa anche lui» per giustificarci, e non
solo per ciò che concerne la televisione. E’ troppo facile.
4 febbraio 2003
dAvide dE Leo
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