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Human Factor Through the
History of Space Exploration presentato al 5° Simposio
Mondiale sulla Esplorazione dello Spazio e la Vita nel Cosmo
"SETI:
in attesa degli alieni"
19-20 marzo 2004
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Come
ogni casa non ha confini segreti per colui che la abita, così lo spazio sembra essere la nuova casa dell’uomo.
Oggi queste sono le attese dell’uomo, e queste sono state fondamentalmente
le stesse attese in tutta la seconda metà del secolo appena passato,
ovvero da quando è nata l’esplorazione dello spazio con
i manufatti dell’uomo prima, con i loro produttori dopo.
Un’aria di positivismo quindi, su tutti i livelli: dalla gente
comune che leggeva gli articoli di riviste di divulgazione scientifica
negli anni
cinquanta, che ascoltava con le radio i sibili e i segnali monotoni dei
primi satelliti artificiali posti in orbita attorno alla Terra, che restava
affascinata dalle proiezioni dei film di fantascienza, genere narrativo
dilagante in quel tempo, fino a Wernher von Braun che immaginava già una
flotta di astronavi dotate di propulsione nucleare con sette uomini a
bordo per ogni vascello, che sarebbero sbarcati su Marte per gli anni
ottanta.
E Wernher von Braun non era l’ultimo arrivato, per quanto gli Stati
Uniti, senza mezze parole, abbiano già da tempo posto un velo,
abbastanza soffocante per dire poco, sulla sua storia e sul ruolo di
regista che ha
giocato nella storia dell’astronautica dell’umanità.
Ebbene, si vede come questo atteggiamento di ‘scontatezza’ di
allora come di oggi non ha un fondamento, almeno non immediato.
Ritengo che questo sano scetticismo deve nascere non solo per le disgrazie
che sono accadute in casi eccezionali sin dall’inizio dell’era
spaziale (Soyuz, Salyut, Challenger, Mir-Spektr, Columbia solo per citare
i più conosciuti), quanto per il fattore umano.
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I primi articoli
che vennero pubblicati nei relativi congressi (20th Annual Scientific
Meeting of the Aero Medical
Association , New York, 1949 per fare un esempio) evitarono di riportare
la parola “spazio” nei titoli , perché a quei tempi
parlare seriamente della possibilità dell’uomo di resistere
nello spazio era una ipotesi sconsiderata. Nel 1950 si poteva finalmente parlare
di fattore umano nello spazio senza perdere la dignità... Dalla fantascienza il fattore umano era stato promosso
ad argomento di interesse scientifico.
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Il passo di mezzo che sta tra il
volo aerodinamico e il volo propulso nel vuoto è il volo supersonico
con aerei/razzo portati a quote stratosferiche: I famosi aerei X.
Dall’X-1 (Mach 1,46 ad una quota di 14.000 m) all’X-15
si ruppe il muro del suono fino ad arrivare a Mach 6,7 ad una quota di
108.000 m (se non è spazio questo…) .
Charles Elwood “Chuck” Yeager è solo
il rappresentante più noto di una squadra di pionieri del volo
supersonico. Egli non diventò astronauta solo perché non
era in possesso di una laurea. |
Gagarin e Glenn, pur trovandosi a operare a gravità zero, permanevano
nello spazio in un angusto ambiente che non permetteva movimenti e quindi
il riferimento della strumentazione concentrava completamente il pilota
che non poteva fare altrimenti che stare stretto nella sua posizione e
tenere sotto controllo la situazione. Per di più, Yuri Gagarin e
i suoi colleghi cosmonauti, non dovevano neanche intervenire sulla missione
perché non avevano libertà di comando della navicella.
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Per
Gagarin la centrifuga era diventata tortura quotidiana, alla quale
bisognava rimaner coscienti oltrepassati
gli 11 g. Capsule capaci
di riprodurre accelerazioni elevate venivano montate su binari che correvano
rettilinei per migliaia di metri. Con essi si studiava la migliore postura
per resistere ai bruschi gradienti di velocità. Strutture che
mantenevano orizzontale il corpo degli astronauti venivano adottate in
modo da riprodurre
la riduzione di peso che si ha nello spazio. Il fattore umano era considerato
quindi solo nell’aspetto fisiologico. |
I
veri problemi nacquero allora durante le missioni prolungate con più spazio a bordo per muoversi. Le prime stazioni spaziali
orbitanti furono operative nei primi anni ’70. Nel giugno del 1971
il primo equipaggio di una stazione spaziale orbitante prese possesso
della Salyut. Purtoppo questa missione si risolse in tragedia. |
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A
seguito di un’accurata raccolta di dati si rileva
che le cause degli errori sono le più disparate: una non corretta
progettazione del cockpit, una non corretta progettazione dei protocolli
di comunicazione tra l’equipaggio e i controllori di volo a
terra costituiscono le cause più comuni che portano ad errori
più o
meno gravi da parte degli astronauti.
Tra i vari temi che caratterizzano il fattore umano se ne commentano alcuni...
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30
luglio 1987: la sonda sovietica Soyuz Tm2 atterrò nelle
steppe dell’Asia centrale. Quando venne aperto il portello, i medici
accorsero immediatamente e prelevarono uno dei tre astronauti, Aleksandr
Laveikin, un corpulento moscovita trentaseienne. Durante la sua missione
compì due EVA (Extra Vehicoular Activity): durante la prima, i
controlli medici mostrarono che il suo battito cardiaco era irregolare.
Le aritmie
si ripresentarono anche per la seconda EVA. |
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Astronauti
di differenti nazioni, con differenti religioni, valori sociali,
valori politici. Alcuni di questi
argomenti sono stati
rilevati essere fonte di problemi più o meno gravi. |
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