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Propulsion Systems for Deep Space Missions to the Edge of the Solar System and Beyond

presentato al

4° Simposio Mondiale sulla Esplorazione dello Spazio e la Vita nel Cosmo

"Italia: dallo spazio al SETI"

28-29 marzo 2003

 
 

L'intervento è stato incentrato sulla presentazione di nuovi sistemi di propulsione (nuovi 'motori') per le astronavi del futuro. Il tema non è di facile accesso, sia per la scarsa diffusione che questi temi hanno sia per le difficoltà fisico/matematiche che li caratterizzano, ma è stato comunque trattato in modo sufficientemente divulgativo da poter essere compreso da molti.

Possiamo suddividere i sistemi di propulsione in due macro-categorie: classici e futuribili.

Nei sistemi di propulsione classici possiamo individuare la ben nota propulsione a razzo (con propellenti solidi, liquidi o ibridi) e la più moderna propulsione elettrica (termoelettrica, elettrostatica o elettromagnetica) protagonista delle ultimissime missioni spaziali.

I sistemi propulsivi futuribili possono essere suddivisi, invece, in tantissime categorie ma ho scelto di descrivere brevemente solo i sistemi che reputo più concretamente realizzabili, soprattutto non in tempi astronomici. Tali sistemi (nella figura qui di lato sono quelli scritti in giallo) sono la propulsione nucleare ideata dal prof. Carlo Rubbia e la propulsione ad antimateria.

 

Dopo aver accennato ai sistemi di propulsione spaziale classica, la descrizione si è soffermata sul motore nucleare ideato dal Nobel Carlo Rubbia. Tale motore, a differenza dei motori nucleari solitamente proposti (detti termonucleari), ha la proprietà di generare la forza grazie alla quale la naviella spaziale si sposta (forza chiamata 'spinta') per mezzo dell'emissione di radiazione elttromagnetica da parte del combustibile nucleare presente a bordo (si pensi all'uranio). Il principio che permette alla navicella di spostarsi è quindi simile a quello delle vele solari.

Per fornire alcuni particolari tecnici, si può aggiungere che il motore è costituito da un cuore di uranio caldo (che supponiamo segua la legge di 'corpo nero' per l'emissione delle radiazioni, detta di Stefan-Boltzmann), il quale riscaldato per fissione nucleare emette radiazioni le quali, come detto precedentemente, generano la spinta.

È da osservare, infine, che il corpo caldo emetterebbe le radiazioni in tutte le direzioni possibili, quindi è necessario convogliare il fascio nell'unica direzione utile (cioè quella del moto) e per farlo si pensa di utilizzare una superficie riflettente conica, detta 'cono di Winston', la quale quindi ottimizza il valore di spinta ottenibile.

 

Il propulsore ad antimateria è stato a lungo studiato da Robert Forward, scomparso lo scorso anno, ed attualmente è ancora studiato dal Marshall Space Flight Center e dalla Pennsylvania State University. Uno schema semplificato di questo propulsore, proposto da Forward, è il seguente.

Si ha un enorme ugello magnetico, e quindi non solido, generato da una serie di spire superconduttrici. All’entrata dell’ugello avviene lo scontro tra protoni ed antiprotoni (indicati rispettivamente con p+ e p-). L’annichilazione produce pioni neutri e carichi (indicati con la pi greca). Quelli neutri decadono quasi istantaneamente in raggi gamma mentre quelli carichi percorrono ancora circa 21 m e poi decadono in neutrini muonici (che non contribuiscono alla spinta e sono indicati con la lettera greca ni) e muoni (lettera greca mi). Questi avanzano, grazie alle linee di campo magnetico, per quasi 2 km prima di decadere definitivamente in neutrini muonici, neutrini elettronici, elettroni e positroni.
La spinta complessiva è quindi fornita dall’espulsione dei pioni prima e dei muoni dopo.

 

 

Si sono confrontate 6 diverse configurazioni del propulsore le quali necessitano differenti quantità di antimateria per portare a termine un viaggio spaziale, si veda il diagramma qui a lato, dove indichiamo la massa (in ordinata) in funzione del delta-V richiesto per la missione (parametro in ascissa legato alla durata e alla complicatezza della missione spaziale da compiere).

Possiamo notare ad esempio che per missioni interstellari, dove il delta-V è superiore ai 100 km/s la configurazione migliore è senza dubbio quella nera, che chiamata ad antimateria puro.
Mentre per missioni interplanetarie (più modeste), all’interno del sistema solare, con delta-V decisamente più bassi le configurazioni migliori sono quelle miste.

 

Una tabella conclusiva ha poi messo a confronto le diverse prestazioni dei propulsori discussi durante la presentazione.

Per un ipotetico viaggio verso la stella più vicina a noi, Proxima Centauri (stella del sistema stellare chiamato Alpha Centauri, distante da noi circa 4.29 anni luce) il miglior sistema propulsivo è risultato essere il sistema nucleare proposto dal prof. Rubbia.

 
Per ulteriori informazioni contattate direttamente l'autore, Luca Derosa

 

   
     

 

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